Oggi
la seconda giornata mondiale per la lotta all’epatite virale. Un milione
di morti l'anno. I fattori eterogenei come le tossicodipendenze, i rapporti
occasionali non protetti, l’utilizzo di materiali non sterilizzati sia in
ambiente sanitario, sia durante l’esecuzione di piercing e tatuaggi,
rimangono fattori determinanti nell’insorgenza di nuovi casi tra la
popolazione.
Oggi, 28 luglio, si
celebra la seconda giornata mondiale di sensibilizzazione promossa dalla World
Hepatitis Alliance con l’obiettivo di aumentare la consapevolezza sulla
diffusione della malattia. Questo è fondamentalmente il messaggio lanciato
dall’OMS, che ha stimato che 2 milardi di persone, che equivalgono a
circa un terzo della popolazione mondiale, siano venute in contatto con uno
degli agenti patogeni responsabili dell’infezione.
L’epatite è una
malattia infettiva di origine virale che colpisce il fegato.
In particolare, ricorda
Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, i
tipi di epatite sono cinque (A, B, C, D, E), ma i ceppi più pericolosi sono
l’epatite B e la C, poiché spesso asintomatiche: per questo una grande
percentuale di persone affette non sanno di esserlo e se ne accorgono solo
decenni dopo il contagio, quando la malattia è diventata ormai cronica. In più,
questi due virus sono la causa principale di cirrosi epatica e cancro al
fegato.
A seconda del tipo di
epatite il contagio è diverso: la B, la C e la D si contraggono venendo a
contatto con il sangue infetto di un altro paziente, e nel caso delle prime due
anche tramite sesso non protetto, mentre la D può infettare solo le persone già
affette da epatite B; la A e la E sono invece causate tipicamente da cibo o
acqua infetti, e di solito associate a una scarsa igiene sia personale che
dell’ambiente.
Vaccini efficaci sono
disponibili per tutti i ceppi, tranne che per l’epatite C.
In Italia l’epatite
B cronica che, colpisce sette volte più dell'Aids, ha contagiato circa 700mila
persone ma risulta bassa la percentuale di quelle in terapia: molte di più
potrebbero trarre benefici da trattamenti efficaci per arrestare
l’evoluzione della malattia
Nel 2010 sempre nel
nostro paese il sistema informativo della Seieva (Sistema epidemiologico
integrato dell’epatite virale acuta) che, dal 1984, svolge attività di
sorveglianza e prevenzione delle epatiti virali acute ha registrato come sempre
un’incidenza delle epatiti fortemente dipendenti dal ceppo:
- epatite A: 1,1 per
100.000 abitanti
- epatite B: 0,9 per
100.000 abitanti
- epatite C: 0,2 per
100.000 abitanti
- epatite Delta: 0,12 per
1.000.000 di abitanti
- infine, per quanto
riguarda l’epatite E, il sistema Seieva ne notifica i casi acuti solo dal
2007 e, nei tre anni sino al 2010, ne ha rilevati 60, soprattutto nelle fasce
di età 25-54 anni e 35-54, di sesso maschile e soprattutto tra la popolazione
straniera (provenienti in particolare da Bangladesh, India, Pakistan e
Marocco).
Inoltre, i dati
epidemiologici disponibili indicano che l’epatite A, ma in particolar
modo le epatiti B, C e Delta, mostrano un’incidenza in calo, mentre
l’epatite E si sta configurando come una malattia emergente di cui
aumentano i casi autoctoni (non legati ai viaggi in aree endemiche).
Negli ultimi 25 anni i
progressi più importanti nella lotta sono stati resi possibili
dall’introduzione di alcune pratiche sanitarie in grado di ridurre il
rischio di contagio tra pazienti (come l’utilizzo di materiale monouso
nei setting ospedalieri e l’introduzione degli screening del sangue) e
dall’introduzione della vaccinazione anti-epatite B grazie alla quale
oggi è potenzialmente protetta tutta la popolazione italiana da 0 a 31 anni; questo ha permesso
di osservare una riduzione di incidenza soprattutto nella fascia di età 15-24
anni.
Lecce, 28 luglio 2012

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