Il Progetto Eis (European Implementation Score) ha
valutato l’implementazione
dei risultati della ricerca nella pratica clinica in dieci
Paesi: l’Italia, al
sesto posto, risente della regionalizzazione sanitaria, con una
situazione
migliore nel Nord e Centro. I risultati sono pubblicati su Stroke, organo dell’American Heart
Association
L’ictus cerebrale
rappresenta la
prima causa di disabilità e la seconda causa di morte e di demenza
nel mondo.
In Italia colpisce 200.000 persone l’anno, una ogni 3 minuti, e
circa un
milione di italiani ne portano le conseguenze, con costi annui per
il Servizio
sanitario nazionale stimati in 3,7 miliardi di euro, mentre a
livello
comunitario si parla di circa 27 miliardi, cui ne vanno aggiunti
11 per
l’assistenza informale. Il Progetto Eis (European Implementation
Score) ha
valutato le differenze relative a incidenza, mortalità e
disabilità conseguenti
a ictus legate ai diversi livelli di implementazione dei risultati
della
ricerca nella prevenzione e cura di questa patologia in 10 Paesi:
Belgio,
Francia, Germania, Inghilterra, Italia, Lituania, Polonia, Scozia,
Spagna e
Svezia. I risultati dello studio – il cui work package 2 è
coordinato da
Antonio Di Carlo dell’Istituto di neuroscienze del Consiglio
nazionale delle
ricerche (In-Cnr) e diretto da Domenico Inzitari (In-Cnr e
Università degli
studi di Firenze) - sono pubblicati sul numero di agosto di Stroke, organo ufficiale
dell’American
Heart Association.
“Gli studi, in
generale, mostrano
che fino al 40% dei pazienti non riceve cure adeguate ai più
recenti standard
scientifici, con un sostanziale sottoutilizzo degli interventi
potenzialmente
disponibili”, spiega Di Carlo. “I risultati del nostro work
package, in
particolare, indicano per i migliori livelli di integrazione tra
ricerca e
pratica clinica, in ordine: Inghilterra, Scozia, Svezia, Francia,
Germania,
Italia, Spagna, Polonia, Belgio e Lituania. I Paesi con miglior
qualità
complessiva dell’assistenza sono caratterizzati dalla presenza di
stroke unit
(unità specificamente dedicate all’assistenza del paziente con
ictus), audit a
livello nazionale e indicatori di performance e benchmarking delle
strutture”.
L’Italia raggiunge
punteggi
medio-alti “in 5 degli 11 indicatori analizzati (politiche
nazionali, strategie
educative, attività degli opinion leader, interventi complessi,
organizzazioni
di pazienti), contro gli 8 della Svezia, i 10 di Inghilterra e
Scozia. Le
maggiori carenze per il nostro Paese riguardano gli incentivi
economici, la
collaborazione multi-professionale, l’utilizzo di sistemi
computerizzati, gli
audit nazionali e l’adozione di indicatori di performance”,
specifica il
ricercatore In-Cnr. “Risultati migliori a livello regionale, dove
l’Italia
raggiunge punteggi medio-alti in 8 degli 11 indicatori analizzati,
pari a
quelli della Svezia e analoghi a quelli inglesi (9 su 11):
tuttavia, si
sottolinea il diverso livello di implementazione tra regioni del
Nord, del Centro
e del Sud. In queste ultime si evidenzia l’insufficienza di atti
normativi,
materiali e campagne informative, audit e
protocolli
tra fase acuta, medicina generale e servizi riabilitativi”.
“L’efficacia del trasferimento dei risultati della ricerca nella pratica clinica si pone invece tra i più importanti obiettivi per politici, amministratori, professionisti e pazienti, se vogliamo fornire una miglior assistenza in Europa, soprattutto nel momento in cui la restrizione delle risorse rischia di ostacolare l’applicazione delle evidenze non solo scientifiche, ma anche organizzative e assistenziali, come, ad esempio, quelle concernenti le stroke unit in Italia riportate nel decreto n.70 del 2 aprile 2015”.
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