Uno studio dell’Irgb-Cnr pubblicato su Stem Cell
Reports apre nuovi sviluppi
per la cura delle
malattie genetiche attraverso cellule staminali generate dalla
pelle. I
ricercatori hanno corretto il difetto che causa una grave
malattia delle ossa,
l’osteopetrosi, sostituendo nelle cellule il gene mutato con il
gene sano
L’osteopetrosi,
detta anche
malattia ‘delle ossa di marmo’, è una patologia genetica che
comporta un
aumento eccessivo della densità ossea a causa del malfunzionamento
di un gene contenuto
in un tipo di cellule ossee chiamate osteoclasti. I ricercatori
dell’Istituto
di ricerca genetica e biomedica del Consiglio nazionale delle
ricerche
(Irgb-Cnr) di Milano sono riusciti a identificare il gene
coinvolto, a
correggerlo, e infine a generare una coltura di osteoclasti sani a
partire da
cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC), cioè con capacità
di dare
origine a qualsiasi tessuto, ricavate da cellule della pelle.
I
risultati di questa
ricerca, pubblicata su Stem
Cell Reports
e svolta in collaborazione con l’Istituto clinico Humanitas, oltre
a dare un
fondamentale contributo nella lotta contro l’osteopetrosi, aprono
prospettive
per lo sviluppo di terapie rivolte a pazienti con altre gravi
malattie
genetiche curabili soltanto con il trapianto di midollo osseo.
“Seguendo una
metodologia simile
a quella descritta da Shinya Yamanaka e premiata col Nobel nel
2012, abbiamo
generato cellule staminali pluripotenti indotte riprogrammando
cellule difettose
ottenute dalla pelle di un modello murino affetto da
osteopetrosi”, spiega la
ricercatrice dell’Irgb-Cnr Anna Villa. “I responsabili della
malattia sono
stati individuati nella prima fase dello studio come mutazioni del
gene Tcirg1
contenuto negli osteoclasti, cellule che disgregano la matrice
ossea agendo in
contrapposizione a quelle che invece la generano (gli
osteoblasti): grazie a
questo complesso equilibrio la massa dello scheletro si rigenera,
rinnovandosi
ogni anno del 10% circa. La porzione di DNA di queste cellule con
mutazioni del
gene Tcirg1 è stata poi sostituita con la corrispettiva regione
sana, ottenendo
cellule staminali prive del difetto genetico. Dalle iPSC sono
state prima
‘coltivate’ cellule del sangue, poi spinte a differenziarsi in
osteoclasti con
ritrovata funzionalità”.
La messa a punto di
terapie
cellulari autologhe, cioè con cellule del paziente stesso,
attraverso l’uso di
iPSC rappresenterebbe una svolta per la cura delle malattie
genetiche, “sia
come risposta alla questione etica sull’uso delle cellule
staminali”, conclude
Villa, “sia perché, a differenza delle cellule adulte
specializzate, le
pluripotenti ottenute dalla pelle o dal sangue del paziente
possono essere
espanse in vitro in grandi quantità e possono essere facilmente
modificate
grazie alle tecniche di ingegneria genetica: una fonte
inesauribile di cellule
adatte al trapianto”.
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