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lunedì 18 giugno 2012

Ondate di calore, considerazioni e statistica

Le ondate di calore si verificano quando le temperature e l'umidità sono molto elevate per diversi giorni consecutivi, l'irraggiamento solare molto forte e i venti pressoché assenti. Un altro fattore molto importante che acuisce la gravità delle ondate di calore è la mancanza di temperature minime notturne tali da permettere al meccanismo termoregolatore del nostro organismo di riprenderci dall'affaticamento conseguente al caldo umido intenso delle ore diurne. Nel 2003, quando l'ondata di calore fu prolungata e l'impatto sulla popolazione davvero elevato, tale mancanza fu una delle cause principali dei malori e dei decessi.

In questi e nei prossimi giorni, in effetti ci sono tutte le condizioni per raggiungere in molte città il cosiddetto livello 2 (condizioni meteorologiche a rischio che possono avere effetti negativi sulla salute). Un'area di alta pressione di origine africana si sta spostando sul Mediterraneo, invadendo la nostra Penisola e le nostre isole, con venti deboli o moderati e da ultimo, ma non meno importante, l'irraggiamento è molto forte, come d'altra parte ci aspettiamo nei giorni a cavallo del solstizio d'estate. L'attuale ondata tuttavia non sembra raggiungere la stessa gravità del 2003 in termini di durata complessiva e le temperature notturne che portano sollievo al corpo umano sembrano più clementi.

Non sempre la prima importante ondata di calore arriva con il solstizio estivo: negli ultimi decenni abbiamo visto insorgere il fenomeno anche in periodi 'non sospetti' come fine aprile – inizio maggio, come pure estati di gran lunga più fresche (poche a dire il vero). La statistica nell'ultimo trentennio è infatti cambiata, almeno in parte, ed in particolare è cambiata la distribuzione nell'arco dell'anno, con ondate di calore precoci e tardive, a settembre, e più prolungate.

Uno studio effettuato dall'Istituto di biometeorologia del Consiglio nazionale delle ricerche aveva già evidenziato che nel decennio 1991-2000 il numero di giorni con ondate di calore in Italia è stato quasi pari alla somma dei giorni estremamente caldi verificatesi nel periodo 1951-1990.

Se è vero che non tutte le estati sono simili a quella del 2003, alla quale non fecero seguito estati altrettanto caldo-umide con notti 'tropicali' (l'ondata durò circa 60 giorni, suddivisi in tre periodi da inizio giugno fino a settembre), uno studio in corso presso Ibimet-Cnr mostra come, durante ciascuna estate dal 2000 in poi, si siano avute una o più ondate di calore, che per due anni consecutivi si sono verificate negli stessi giorni: 18-30 giugno 2006, che interessò soprattutto l'Europa occidentale, e 17-26 giugno 2007, sopratutto nel sud est europeo. In entrambi i casi, l'Italia venne interessata dall'ondata.

Insomma le statistiche per l'Italia confermano e rafforzano quanto evidenziato dall'ultimo rapporto dell'Ipcc-Intergovernmental panel on climate change sugli eventi estremi: 'Managing the risks of extreme events and disasters to advance climate change adaptation (Srex)'.

Tra i diversi servizi di allerta che sono stati realizzati, a livello regionale, da ricordare il sito http://www.biometeo.it/  prodotto dal Centro Interdipartimentale di Bioclimatologia dell'Università degli Studi di Firenze (CIBIC), con la collaborazione dell'Istituto di Biometeorologia del CNR di Firenze e del Consorzio LaMMA (Laboratorio di Meteorologia e Modellistica Ambientale) della Regione Toscana, impegnato dal 2005 nel Progetto MeteoSalute, finanziato dal Servizio Sanitario della Regione Toscana. A livello nazionale, sul sito del Ministero della salute vengono pubblicati i bollettini giornalieri del periodo 15 maggio – 15 settembre che indicano, per molte città italiane, il livello di allerta previsto per le ondate di calore: http://www.salute.gov.it/emergenzaCaldo/bollettinoGiornaliero.jsp

Sugli stessi siti vengono riportati i consigli per fronteggiare condizioni di caldo-umido estreme, come comportarsi e a chi rivolgersi in caso sia necessaria assistenza. Queste condizioni climatiche, infatti, possono rappresentare un rischio per la salute della popolazione, specialmente per le categorie più deboli: persone anziane, bambini, persone già affette da patologie.

 


Marina Baldi, CNR-Ibimet

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