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venerdì 30 dicembre 2016

Tour della sanità, Ciracì e Zullo (CoR) negli ospedali di Ostuni, Ceglie e Francavilla: tagli da scongiurare ed eccellenze da salvare

Quest'oggi, il deputato Nicola Ciracì e il capogruppo dei Conservatori e Riformisti nel Consiglio regionale della Puglia, Ignazio Zullo, hanno iniziato il tour in alcuni dei presìdi ospedalieri che potrebbero essere falcidiati dai tagli indiscriminati del piano di cosiddetto riordino della Giunta Emiliano. 

In particolare, il deputato e il consigliere regionale hanno effettuato dei sopralluoghi in quel di Ostuni – accogliendo l'invito del sindaco Gianfranco Coppola – e poi anche a Ceglie Messapica e a Francavilla Fontana.

Prima tappa – Ostuni
Con il primo cittadino Coppola, che ha fatto parte della delegazione anche in seguito, Ciracì e Zullo hanno visitato l'ospedale civico di Ostuni, che necessiterebbe di un pronto soccorso all'altezza delle oggettive esigenze della Città Bianca, che ormai da diversi anni è una delle realtà turistiche più gettonate dell'intera Penisola. 
Inoltre – stando a quanto emerso dagli incontri con i dirigenti e il personale ospedalieri – sarebbe necessario attivare il reparto di Pneumologia e salvaguardare i reparti storici di Cardiologia e Pediatria, a rischio soppressione e, in realtà, indispensabili per l'intero territorio.

Seconda tappa – Ceglie Messapica
«Qui – dichiara Ciracì – abbiamo incontrato una delegazione del Comitato per la salvaguardia del locale presidio ospedaliero e la direzione sanitaria del "Neurolesi e Motulesi".  
In questa sede – aggiunge – io e il capogruppo Zullo abbiamo assunto l'impegno concreto di vigilare e fare tutto quanto nelle nostre possibilità affinché sia realizzato, al di là del luogo ma con immediatezza, il "Centro Risvegli", e sia riattivato presso il "Neurolesi" il codice per "Mielolesi", riportando la struttura sui canoni di eccellenza ed efficienza che merita».

Terza tappa – Francavilla Fontana

Nella Città degli Imperiali il problema maggiore corrisponde al reparto di Nefrologia, come confermato dagli stessi operatori sanitari. 
Il numero di posti in provincia di Brindisi non soddisferebbe il fabbisogno di assistenza qualora l'eccellente servizio di Francavilla fosse soppresso e, dunque, si rende più che mai opportuno, anzi: necessario, battersi strenuamente per scongiurarne la chiusura.

Brindisi, 30 dicembre 2016 




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Alzheimer. SIPO sostiene l'Associazione Amici di Casa Insieme al Convivium per l'Alzheimer

SIPO ha partecipato come sponsor alla cena di gala Convivium per l'Alzheimer dell'Associazione Amici di Casa Insieme

Protagonista dell'evento lo Chef stellato Filippo La Mantia che ha cucinato alcuneportate del menù con le erbe aromatiche e le verdure della linea Sapori del mio Orto


Bellaria Igea Marina (RN), 30.12.2016. Più di 100 persone si sono ritrovate presso la nuova Sala Polivalente della Fiera di Cesena alla cena natalizia di raccolta fondi con lo chef Filippo La Mantia, che ha aderito con entusiasmo all'iniziativa organizzata dall'Associazione Amici di Casa Insieme

All'evento ha partecipato anche SIPO tra gli sponsor, che ha fornito alcune verdure ed erbe aromatiche della lineaSapori del mio Orto (alloro, rosmarino, origano, menta e finocchio selvatico e carote).

Il menù ha visto protagonisti i profumi e i sapori della cucina siciliana in cui affondano le radici "dell'oste e cuoco", come ama definirsi lo stesso Chef La Mantia, riconosciuto a livello nazionale e per la prima volta a Cesena: insalatina tiepida di ricciola con centrifuga di carota e zenzero; sedanini con pesto di pistacchio, finocchietto, lime e mandorle tostate; pancia di maiale, crema di ceci, friggitelli e cous cous tostato;cannoli di ricotta e frutta candita.

"Ringraziamo l'Associazione Amici di Casa Insieme per questa preziosa opportunità - ha sottolineato Massimiliano CeccariniSIPO General Manager - oltre allo chef Filippo La Mantia e a tutti coloro che con entusiasmo e supporto costruiscono ogni giorno progetti giusti e costruttivi come questo".

Grazie all'adesione di aziende e singoli partecipanti, sono stati raccolti 4.000 euro che verranno destinati ai progetti del Fondo Alzheimer 360° per l'assistenza, la prevenzione e la ricerca. Amici di Casa Insieme è presente dal 2001 sul territorio cesenate

Dedicata inizialmente all'assistenza dei malati di Alzheimer e alle loro famiglie, sta ampliando l'attività alla prevenzione con i "Laboratori Benessere", occasioni di incontro per gli over 60 in cui si mantiene attiva la mente e si propongono stili di vita attivi per ridurre il rischio di contrarre la malattia o comunque ritardarne l'insorgenza. 

L'Alzheimer e altre forme di demenza colpiscono in Italia circa un milione di persone, intaccandone l'autonomia personale, le relazioni, le condizioni economiche ed il rapporto con la società. 

Le iniziative dell'associazione offrono vicinanza, condivisione, stimoli oltre che informazione e svago, mettendo in campo i volontari accanto a personale specializzato, accomunati da un obiettivo: contrastare la solitudine e l'avanzamento della malattia, valorizzando le persone.


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Boom decessi meningite, Giustozzi: “Rischio di contagio ignorato in virtù della sostenibilità della spesa pubblica”


Il segretario nazionale dell’Associazione Dossetti: “Manca un piano d’informazione sul rischio di contagio, ma lo strumento di contrasto esiste” 

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Il segretario nazionale dell’associazione “G. Dossetti: i Valori – Sviluppo e Tutela dei Diritti” Onlus

Roma, 30/12/2016 – Meningite, diffondiamo la cultura del vaccino. Questo il messaggio del segretario nazionale dell’Associazione culturale Dossetti - Onlus Claudio Giustozzi, intervenuto a commento degli ultimi casi di decesso per meningite di tipo C, avvenuti a stretto giro in Toscana e Campania e seguìti dopo poche ore da un terzo caso d’infezione, reso noto stamattina in provincia di Genova.

“Se continuerà a mancare un’attività d’informazione e prevenzione sul rischio infettivo della malattia, continueremo a contare queste morti assurde che, definisco tali, a causa dell’appurata efficacia del vaccino disponibile contro la meningite meningococcica – ha esordito Giustozzi che ha poi proseguito argomentando più a fondo: “Da anni la nostra Associazione si batte per l’affermazione della una cultura del vaccino per un batterio estremamente pericoloso e di facile contagio che conta un numero di portatori sani stimato intorno al 5-10% della popolazione generale. Forse non sono cifre tali da provocare la risposta del SSN che preferisce promuovere indirettamente il rischio di contagio in virtù della sostenibilità della spesa pubblica”.

Sono parole forti quelle di Giustozzi che trovano supporto nel corroborato impegno dell’Associazione a sostegno della diffusione di una cultura responsabile e preventiva verso il pericolo di contrazione della meningite.“Nel 2011, la Dossetti ha sostenuto, presso il Consiglio regionale della Lombardia, la mozione del consigliere Enrico Marcora, finalizzata alla prevenzione della malattia meningococcica sul territorio, da attuarsi anche attraverso la vaccinazione a chiamata. Assieme alla Toscana –ha inoltre aggiunto - la Lombardia è la regione italiana che fa registrare il maggior numero di casi d’infezione, nonostante la disponibilità gratuita del vaccino a cui, purtroppo, non si accompagna una dovuta attività d’informazione. Non vogliamo più assistere a giovani vite spezzate da un male che è possibile prevenire, perche lo strumento di contrasto esiste e funziona. Per tale ragione, siamo intenzionati a non gettare la spugna e, già l’8 febbraio prossimo, presso la Sala degli Atti parlamentari della Biblioteca del Senato “Giovanni Spadolini”, la Dossetti aprirà un dibattito ad hoc sul tema. Il nostro obiettivo è arrivare a una copertura nazionale della soluzione vaccinale, nonché alla definizione di nuova carta vaccinale. Se, cinque anni, fa la proposta di Marcora fosse stata accettata, oggi forse la Lombardia non conterebbe le morti per meningite degli ultimi anni. Ci fosse anche, e non è, un solo decesso evitabile, la Sanità pubblica ha il dovere di impugnare lo scudo preventivo”.

giovedì 29 dicembre 2016

CNR: con il grafene i superbatteri hanno preso un granchio


Una nuova superficie a base di ossido di grafene che si ispira alle rugosità tipiche del granchio fornisce una soluzione economica ed efficace contro le infezioni batteriche più resistenti. 

L'approccio, sviluppato dall'Isc-Cnr in collaborazione con Università Cattolica del Sacro Cuore, Sapienza e Università dell'Aquila, è stato illustrato su Scientific Reports. 

La tecnica imita la natura. Per contrastare i rischi di infezione in sala operatoria, i medici potrebbero presto avere a disposizione strumenti rivestiti di ossido di grafene ispirati alle rugosità tipiche del granchio che, grazie alla struttura del suo carapace, non viene attaccato dai batteri. 

L'idea è di un gruppo di ricercatori dell'Istituto dei sistemi complessi del Consiglio nazionale delle ricerche (Isc-Cnr), dell'Istituto di fisica e microbiologia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore (Ucsc) di Roma, del Dipartimento di fisica dell'Università Sapienza di Roma e del Dipartimento di scienze chimiche dell'Università degli Studi dell'Aquila, con un lavoro pubblicato sulla rivista Scientific Reports. La ricerca è stata finanziata dal Consiglio di ricerche europeo (Erc).
"L'European Center for Diseases Prevention and Control (Ecdc) ha dichiarato che dal 2009, in Europa, oltre 400.000 persone hanno sviluppato infezioni batteriche resistenti agli antibiotici. 

Abbiamo quindi l'esigenza di maturare nuove strategie per la difesa di superfici sensibili come quelle delle protesi e dell'attrezzatura chirurgica", afferma Claudio Conti, direttore dell'Isc-Cnr, professore presso il Dipartimento di fisica della Sapienza e coautore dello studio. 
"Per farlo siamo partiti dalle soluzioni offerte dalla natura, imitando, per il rivestimento di questi strumenti, l'involucro esterno del granchio, che grazie alla sua rugosità respinge i batteri".

I ricercatori hanno potenziato l'efficacia di questo approccio impiegando il grafene, di cui sono già note le proprietà antimicrobiche. 
"Abbiamo realizzato un rivestimento con un idrogel a base di ossido di grafene", prosegue Massimiliano Papi, professore presso l'Istituto di fisica e microbiologia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore e coautore della ricerca. 

"L'azione antibatterica è dovuta alla struttura in fogli, delle dimensioni di qualche nanometro, dell'ossido di grafene, in grado di tagliare la membrana della cellula batterica o di avvolgerne la superficie, contrastando così lo sviluppo di batteri resistenti ai farmaci" (vedi figura).
Tale meccanismo di base, di natura meccanica, è amplificato da una tecnica di laser printing scoperta dal team di ricerca: la supercavitazione laser. 

"L'azione del laser permette di massimizzare l'esposizione dei fogli di grafene secondo un pattern progettato proprio sulla rugosità tipiche del carapace del granchio. Analisi morfologiche e del rilascio degli acidi nucleici da parte di cellule di Staphylococcus aureus, Escherichia coli e Candida albicans hanno evidenziato che l'azione del rivestimento è sia batteriostatica che battericida, ossia blocca e uccide, arrivando a sopprimere il 90% dei batteri: un risultato rilevante, una svolta nel campo delle tecnologie dei materiali biomedici, perché la soluzione fornita è versatile, economica e a basso impatto tossicologico", conclude Conti.


Didascalia immagine
L'immagine mostra dei batteri tagliati dal grafene. Si possono distinguere batteri sani e batteri più danneggiati. 
La freccia indica una lamina di grafene che sporge ed è esposta dal trattamento laser

Roma, 29 dicembre 2016

La scheda
Chi: Istituto dei sistemi complessi del Consiglio nazionale delle ricerche (Isc-Cnr), Università Cattolica del Sacro Cuore, Sapienza Università di Roma, Università dell'Aquila  
Che cosa: Una nuova superficie biomimetica a base di ossido di grafene fornisce una soluzione contro le infezioni batteriche a basso impatto tecnologico. 
Lo studio è pubblicato su Scientific Reports:
www.nature.com/articles/s41598-016-0010-7


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Sanità, caos nei pronto soccorso romani. Giustozzi: "Lesa la dignità umana. Ora basta con i tagli, Zingaretti farebbe meglio a dimettersi"

L'associazione Dossetti interviene sull'emergenza delle ultime ore e riporta in primo piano la necessità di un impegno fattivo, al di là della politica della promessa da marinaio

Roma, 29/12/2016 – "La politica regionale dei pronto soccorso laziali ha fallito, il governatore del Lazio Zingaretti farebbe meglio a dimettersi". 

E' quanto dichiarato stamattina dal segretario nazionale dell'Associazione Dossetti, Claudio Giustozzi, intervenuto a seguito dei ripetuti disservizi registrati negli ultimi giorni nei pronto soccorso romani.

"Quanto avvenuto nelle sale d'aspetto di alcuni ospedali della Capitale non restituisce il riflesso di un Paese civile - ha sottolineato Giustozzi – sebbene non sia stupìto per quanto avvenuto. Per chi, come noi, da decenni è impegnato nella tutela del diritto alla Salute, dati come quelli circolati negli ultimi tempi non sono una novità. Già 4 anni fa, la nostra Associazione denunciava la bomba a orologeria dei pronto soccorso capitolini, innescata dai tempi biblici delle liste d'attesa per le prestazioni ospedaliere. Va bene il picco di accessi - ha poi aggiunto il Segretario - ma la verità è che il Sistema, ad oggi, non è in grado di supportare la richiesta del territorio".

Le notizie degli ultimi giorni riportano una situazione giunta al limite del sostenibile. 
"I cinque giorni d'attesa per un ricovero e la scarsità di ossigeno al San Camillo di Roma rappresentano la cartina di tornasole di Politiche sanitarie fallimentari. Dove sono la ministra Lorenzin e il Governatore Zingaretti, tra l'altro commissario ad acta della Sanità laziale? Che fine hanno fatto le loro promesse istituzionali, puntualmente pronunciate al momento dei tagli del nastro? – sono gli interrogativi del Segretario. 

"Qui è tutto al collasso. Basta tagli al comparto sanitario regionale, o siamo pronti a scendere in piazza con iniziative eclatanti. Oggi nei pronto soccorso di Roma si può morire. Non siamo più disposti ad assistere a tale scempio non solo del diritto alla Salute, ma dell'umana dignità del cittadino".

Così in una nota Claudio Giustozzi.



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lunedì 26 dicembre 2016

rIcerCARE: Crowdfunding per il Progetto Glaucoma e Barriera Emato-encefalica

                                           

Progetto di crowdfunding totalmente a favore della ricerca, a cura di rIcerCARE, organizzazione no-profit che fa parte del network europeo I-CARE.
rIcerCARE, organizzazione no-profit che sostiene una ricerca scientifica etica, non violenta, che non utilizzi gli animali e quindi non crei sofferenza e morte, intende finanziare il progetto riguardante la Barriera Emato-Encefalica, attraverso una raccolta fondi popolare. 

L'obiettivo del crowdfunding è raccogliere la somma necessaria per completare il progetto di ricerca sulla BEE da parte del LARF, Laboratorio Analisi Ricerca e Fisiopatologia dell'Università di Genova.
LA BARRIERA EMATO-ENCEFALICA

Ma in cosa consiste, nel dettaglio, questo progetto di ricerca?

Gli esseri umani e l'ecosistema, abitualmente, sono esposti a più composti chimici che diventano fattori di stress cumulativi. La contemporanea esposizione a più contaminanti, infatti, può aumentarne gli effetti tossici. 
Dati della letteratura scientifica recente suggeriscono che i disturbi neurali possono avvenire in età precoce e che l'esposizione all'inquinamento atmosferico, a farmaci e xenobiotici sembrano avere un ruolo cruciale in questo processo. 
Per tali motivi, in campo tossicologico non si dovrebbe prescindere dal valutare il potenziale neurotossico dei composti chimici e delle loro miscele, tenendo conto che spesso i sintomi associati all'alterazione della funzionalità nervosa possono essere ritardati, progressivi e spesso irreversibili, influenzando negativamente sulla qualità della vita, con implicazioni importanti sia a livello sanitario sia socio-economico.
I test di tossicità generale ed in particolare quelli di neurotossicità condotti in vivo sui roditori sono di costo e complessità elevati e si stanno rivelando poco sensibili ed inadatti per lo screening di un elevato numero di prodotti chimici. 
Inoltre, il sistema nervoso umano differisce sostanzialmente da quello dei roditori. Si rende quindi necessario sviluppare dei modelli alternativi in vitro, basati sull'utilizzo di cellule umane per poter rilevare il potenziale tossico di composti chimici e delle loro miscele, con un alto valore predittivo sull'uomo. 
Inoltre, per mimare al meglio le condizioni fisiologiche presenti nel sistema nervoso in vivo, è necessario considerare e riprodurre nei modelli in vitro la barriera emato-encefalica, che regola selettivamente il passaggio di sostanze chimiche da e verso il sistema nervoso.
Un modello in vitro che riproduca il sistema nervoso e la BEE, permetterebbe di comprendere non solo l'effetto delle sostanze chimiche o dei farmaci sulle cellule nervose, ma anche la capacità di questi di oltrepassare la BEE e quindi di svolgere la loro reale attività. 
Molte delle terapie potenzialmente neuroriparatrici e neuroprotettive oggi disponibili non sono in grado di esplicare questi loro effetti, proprio poiché non riescono ad oltrepassare la barriera emato-encefalica spesso selettiva anche per alcuni farmaci. Poche sono le informazioni disponibili sui possibili danni a livello del sistema nervoso.

Scopo del progetto

Come è noto, gli effetti di un composto chimico direttamente su cellule nervose, potrebbe non rispecchiare l'effettivo rischio per la salute umana, dal momento che il composto introdotto nell'organismo deve oltrepassare la BEE per agire a livello cerebrale, e la BEE è selettiva e quindi non permette il passaggio di tutte le molecole. 
Partendo da questo presupposto si vuole allestire un modello di BEE basato su tecnologia millifluidica, che consenta il flusso di liquidi attraverso le cellule della BEE e, se queste ultime permetteranno il passaggio di un composto in esame, si potranno valutarne gli effetti sulle cellule di origine nervosa (astrociti, neuroni ecc.) . 
Il modello potrà essere utile per studiare gli effetti dell'esposizione a composti chimici, naturali e di sintesi (inquinanti,farmaci,estratti vegetali) su cellule nervose, interponendo un costrutto di BEE, per poter simulare al meglio la condizione in vivo.
Si tratta quindi di una ricerca che importanti ripercussioni a livello ambientale,animale e sociale, in quanto potrebbe superare la ricerca sulle cavie e aiutare a capire il reale impatto di alcuni agenti chimici e inquinanti sul sistema nervoso umano.

Il progetto di crowdfunding di rIcerCARE è disponibile sulla piattaforma ReteDelDono (Crowdfunding rIcerCARE Glaucoma e Barriera Emato-encefalica) e direttamente sul sito rIcerCARE.
 

Pagina Facebook evento
Facebook Crowdfunding rIcerCARE:  Per una ricerca senza animali Progetto Barriera Emato Encefalica


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venerdì 23 dicembre 2016

Risonanza magnetica, General Electric lancia innovativa tecnologia per ridurre consumo di elio da 2.000 a 20 litri

GE HEALTHCARE LANCIA FREELIUM, INNOVATIVA TECNOLOGIA PER RISONANZA MAGNETICA PROGETTATA PER RIDURRE IL CONSUMO DI ELIO DA 2.000 A 20 LITRI

Milano – L'elio è un componente fondamentale dei sistemi per imaging a risonanza magnetica, ma le sue disponibilità non sono infinite e la domanda del gas in questi anni ha continuato a crescere. 

È per rispondere a questa sfida che GE Healthcare, la divisione medicale di General Electric, ha progettato Freelium*, un'innovativa tecnologia di nuovi magneti in grado di consumare soltanto l'1% della quantità di elio rispetto a quella utilizzata dai magneti per risonanza magnetica convenzionali: invece dei 2.000 litri di elio allo stato liquido impiegati mediamente, infatti, Freelium ne userà soltanto 20. 

Per riuscire a fornire immagini in alta definizione del cervello, degli organi vitali o delle strutture anatomiche dei pazienti, la risonanza magnetica usa magneti superconduttivi raffreddati a una temperatura fino a -270 gradi centigradi. 

L'unico modo per mantenere i magneti della risonanza così freddi durante l'uso clinico è grazie all'utilizzo di migliaia di litri di elio liquido, estratto dal sottosuolo della crosta terrestre.

I magneti dotati della tecnologia Freelium non sono progettati soltanto per essere meno dipendenti dall'elio, ma anche per essere più facili da installare all'interno delle strutture e soprattutto ecosostenibili.

Grazie a Freelium gli ospedali non avranno più bisogno di ricorrere a complicati sistemi di ventilazione che spesso comporta a dover collocare il magnete in edifici separati dal reparto di radiologia o in ambienti dedicati. 

Inoltre un magnete Freelium non necessita di ricarica di elio né durante il trasporto, né nel corso del suo ciclo di vita. 

Quando la tecnologia Freelium verrà integrata a un prodotto commerciale nel futuro, avrà il vantaggio di rendere più semplice e meno costosa sia l'installazione che la gestione della risonanza magnetica. 

Un vantaggio particolarmente significativo nei Paesi in via di sviluppo, dove mancano le necessarie infrastrutture, ma anche nelle maggiori città metropolitane dove l'installazione di un magnete può arrivare a costare più del magnete stesso.
Grazie a questa innovazione tecnologica, i pazienti che oggi non hanno accesso ai benefici diagnostici di una risonanza magnetica potrebbero averli in futuro.

"In GE Healthcare ci impegniamo a risolvere i problemi dei nostri clienti", ha commentato Stuart Feltham, magnet engineering leader di GE Healthcare MR. 

"Il fatto che le risonanze magnetiche richiedano così tanto elio liquido implica costi e complicazioni, rendendo i sistemi difficili da installare. La tecnologia Freelium è progettata per affrontare radicalmente queste sfide: è un passo avanti rivoluzionario per il nostro settore e non vediamo l'ora di integrare questa innovazione nei sistemi di risonanza magnetica, per far sì che il personale medico e i pazienti possano beneficiarne nel futuro prossimo. La percentuale della popolazione mondiale che non ha ancora accesso a questo genere di esame è superiore al 70%. Il nostro obiettivo è di sfruttare la potenzialità di questa tecnologia a basso consumo di elio per incrementare l'accessibilità della risonanza magnetica, facendo in modo che più persone possano beneficiare delle sue capacità diagnostiche".



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Orecchie a sventola, arriva la clip che rivoluzione l'intervento chirurgico

Disponibile anche in Italia il device che risolve il problema in poco meno di mezz'ora. 

«Tecnica mini invasiva che non richiede lunghe fasciature. E il risultato si può vedere prima», spiega il chirurgo plastico Patrizia Gilardino

Addio alle orecchie a sventola. Una nuova tecnica rivoluziona l'approccio per risolvere quello che può risultare un problema psicologico e di relazione che, secondo le stime, arriva a interessare circa il 5,6% della popolazione.

Non serve più un intervento chirurgico con tanto di lunga degenza, ma è sufficiente una piccola incisione in anestesia locale.

«Da pochi mesi è disponibile anche in Italia un device che ribalta i precedenti approcci, garantendo il risultato e, soprattutto, riducendo in modo drastico i tempi di convalescenza», premette Patrizia Gilardino, chirurgo plastico di Milano. 

«Con questa tecnica si può intervenire in modo risolutivo nei casi di assenza o scarsità di antelice, ovvero la piega dell'orecchio che si trova nella porzione più alta; parliamo di circa il 40% di tutti i casi di orecchie a sventola».

La novità si chiama EarFold ed è un prodotto innovativo per correggere le orecchie ad ansa, con o senza simmetria.

«Parliamo di un nuovo dispositivo medico che si presenta come una clip rivestita in oro biocompatibile a 24 carati. Questo  permette di creare una nuova piega dell'antelice o di accentuare la piega esistente dell'orecchio umano correggendo quindi la prominenza dell'orecchio e riducendo così la sofferenza psicologica del paziente. È bene ricordare che le orecchie a sventola sono un elemento che può avere un notevole impatto psicologico sulla vita della persona coinvolta; spesso porta ad una certa insicurezza del proprio aspetto», spiega Gilardino.
Almeno tre gli elementi innovativi. «Innanzitutto, i tempi di intervento. Rispetto ad una otoplastica tradizionale, questa tecnica richiede mezz'ora al massimo.
Viene praticato un piccolo taglio in anestesia locale attraverso il quale inserire la clip e modellarla.
Pochi punti di sutura e l'intervento è finito», aggiunge la dottoressa. In secondo luogo la convalescenza.
«Possiamo dire addio alle fasciature a turbante: qui non è necessaria alcuna fasciatura. Gli interventi tradizionali fino ad ora utilizzati per correggere le orecchie ad ansa prevedono infatti un tempo chirurgico che ha una durata di circa 1-2 ore e in tutti i casi bisogna indossare un turbante per quattro giorni, mentre il dolore dura uno o due giorni. Con l'EarFold serve solamente attuare delle piccole accortezze come non fare sport da impatto per circa un mese».
Terzo, prosegue Gilardino: «Il risultato finale è assolutamente prevedibile. Esistono delle clip di prova che possono essere applicate e permettono al paziente di vedere quale sarà il reale risultato finale».

Questo tipo di tecnica può essere fatta fin dai 7 anni, «anche se, in età così giovani non basta l'anestesia locale ma occorre una sedazione. Dai 13-14 anni non ci sono problemi», precisa Gilardino. «EarFold richiede una selezione del paziente, in alcuni però la chirurgia classica è inevitabile».

Patrizia Gilardino - profilo professionale. Laureata in Medicina e Chirurgia all'Università degli Studi di Milano nel 1988, Patrizia Gilardino si è specializzata nella Scuola di Chirurgia Plastica Ricostruttiva dell'Università degli Studi di Milano nel 1993.

Iscritta all'Ordine dei Medici di Milano dal 1989, ha lavorato fino al 2003 all'Unità Funzionale di Chirurgia Plastica dell'Ospedale Multimedica di Sesto San Giovanni. Esercita la libera professione al Poliambulatorio della Guardia di Finanza di Milano, al Centro Dermatologico Europeo, nel proprio studio di via Colonna a Milano e nello studio di via Colombo 44 a Piacenza.

È membro della Società di verifica e controllo di qualità e della Società americana di chirurgia plastica.
È socio Sicpre (Società italiana di chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica) ed è iscritta all'Associazione Italiana Chirurgia Plastica Estetica (Aicpe) www.gilardinochirurgiaestetica.eu.



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Dopo una ‘notte da leoni’ meglio non mettersi al volante… Ford presenta la tuta che simula i postumi dell’alcool

o   Mettersi alla guida il giorno dopo una serata di bagordi, anche quando si rientra entro il limite legale di alcool, può essere pericoloso quasi quanto mettersi al volante la notte stessa, e il rischio aumenta durante il periodo natalizio che culmina con i festeggiamenti di Capodanno

o   Ford ha sviluppato la 'Hangover Suit', una tuta che, una volta indossata, è in grado di simulare i sintomi dei postumi di una notte di bagordi come spossatezza, vertigini, testa pesante e difficoltà di concentrazione

o   La tuta sarà utilizzata nel corso del programma di corsi gratuiti Ford Driving Skills For Life, con i quali l'Ovale Blu trasmette ai giovani guidatori i principi della guida responsabile, insegnando come anticipare il pericolo, prevenire le situazioni di rischio e gestire le situazioni d'emergenza


Colonia, Germania, 23 dicembre 2016 – Se mettersi alla guida dopo aver assunto alcool è oggi riconosciuto come un comportamento da evitare assolutamente, anche il giorno dopo 'una notte da leoni' può essere considerato altrettanto pericoloso.

E durante il periodo natalizio, che culmina con il Capodanno, aumentano le occasioni in tal senso: i festeggiamenti tra colleghi, amici e in famiglia espongono gli automobilisti a un rischio maggiore che può essere fatale per se stessi e per gli altri utenti della strada.

A tal proposito Ford ha sviluppato la 'Hangover Suit', una tuta del peso di circa 17 kg costituita da uno speciale gilet, polsiere e cavigliere, all'interno delle quali sono stati inseriti dei pesi per rendere realistica la tipica sensazione di pesantezza corporea, occhiali speciali che producono una visione distorta o alterata, utilizzando giochi di intensità luminosa e riverberi colorati difficili da sostenere per l'occhio umano, e cuffie attraverso le quali simulare effetti acustici in grado di stimolare l'ipersensibilità ai suoni classica dell'emicrania. Insieme, tutti i dispositivi sono in grado di riprodurre i sintomi dei postumi di una notte di bagordi come spossatezza, vertigini, testa pesante e difficoltà di concentrazione.

In Europa, le statistiche mostrano che l'abuso di alcool è uno dei fattori che aumentano le possibilità di essere coinvolti in incidenti mortali in 1 caso su 6*. Ford ha commissionato la 'Hangover Suit' al Meyer Hentschel Institute, Germania, per mettere in luce gli elementi di rischiosità connessi a tale situazione.

"La società è molto attenta a sensibilizzare l'opinione pubblica nell'evitare che i giovani possano cedere alla tentazione di mettersi al volante dopo una notte di bagordi. Ma molte volte coloro che si mettono alla guida la mattina dopo una notte del genere,  non ottengono la stessa attenzione dalla collettività", ha detto Jim Graham, Manager di Ford Driving Skills For Life**. "La 'Hangover Suit' mostra quali siano gli effetti debilitanti dei postumi e il rischio che la guida in tali condizioni può presentare per tutti gli utenti della strada".

Anche quando i conducenti rientrano entro il limite legale di alcool, si espongono a un rischio che può essere letale quasi come quello a cui ci si espone mettendosi alla guida dopo aver assunto sostanze alcooliche, come accade agli automobilisti privati del sonno e agli effetti sui loro tempi di reazione***.

Ford, attraverso il programma Driving Skills For Life, organizza per i più giovani sessioni gratuite di guida responsabile, in 13 diversi Paesi in tutta Europa. Il DSFL, lanciato in Europa nel 2013, si pone l'obiettivo di formare oltre 20.000 ragazzi entro la fine del 2016. In Italia, il DSFL in questi 4 anni ha toccato 7 città (Monza, Milano,  Padova, Pavia, Roma, Napoli e Palermo), coinvolgendo in totale oltre 2.500 giovani nella fascia 18-25 anni.

In precedenza, sempre all'interno del progetto DSFL, Ford ha collaborato con il Meyer Hentschel Institute per lo sviluppo della 'Drink Driving Suit' e della 'Drug Driving Suit'. Ma la 'Hangover Suit' ha affrontato sfide diverse.

"Abbiamo effettuato molti esperimenti per analizzare le risposte del corpo umano dopo una serata di bagordi partendo anche da noi stessi", ha raccontato Gundolf Meyer-Hentschel, CEO dell'Istituto Meyer-Hentschel. "Per la 'Hangover Suit' abbiamo introdotto delle cuffie che riproducono effetti acustici per stimolare il particolare aumento della sensibilità ai suoni come accade durante un'emicrania. Inoltre, le cuffie insieme a speciali occhiali, simulano vertigini e gli effetti di un mal di testa accecante".

Tra coloro che hanno già sperimentato la "Hangover Suit" vi sono il Dottor Richard Stephens, Senior Lecturer in Psychology presso la Keele University, Regno Unito, e un ricercatore della materia con esperienza in postumi da assunzione di alcool.

"Le persone spesso non si rendono conto di fino a che punto i postumi dell'alcool possano compromettere le capacità di reazione e la gestione delle proprie azioni, anche quelle più comuni", ha commentato il Prof. Stephens. "La 'Hangover Suit' mette in luce chiaramente questo aspetto".
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