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lunedì 31 luglio 2017

Salute. Enea: dalle microalghe antiossidanti naturali per alimenti e cosmetici

Le microalghe vengono usate sempre di più nell'industria alimentare e cosmetica per il loro contenuto di sostanze benefiche come omega-3 e betacarotene


Ora un progetto internazionale di ricerca da 5 milioni di euro punta a rendere più economiche le coltivazioni dei microrganismi vegetali, riducendo drasticamente i costi di produzione dagli attuali 6 euro/kg a 0,3 euro/kg


All'ENEA il compito di testare nuove tecniche di produzione e di estrazione dei principi attivi.



Ministero della Salute: i dati Istat contraddicono il Censis

Oggi numerosi organi di informazione rilanciano i dati di uno studio Censis-Rbm Assicurazione Salute, già ampiamente diffusi a giugno, dove si afferma che 12,2 mln d'italiani avrebbero rinunciato a prestazioni sanitarie (almeno una volta l'anno) per motivi economici.

 

Il ministero della Salute sottolinea come il dato di 12,2 milioni sia una mera proiezione in valori assoluti dei risultati di un'indagine campionaria su 1.000 cittadini ai quali è stato chiesto se, nel corso dell'anno, avessero rinunciato o rinviato ad almeno una prestazione sanitaria senza però specificarne tipologia ed effettiva urgenza.

 

Per questo riteniamo improprio parlare genericamente di 12,2 milioni di italiani che rinunciano alle cure per motivi economici anche perché il dato è in evidente contrasto con due precedenti indagini Istat effettuate su vastissima scala.

 

In primis il Rapporto annuale Istat 2017 (fonte Istat-Eu Silc che si basa su un campione di circa 29mila famiglie, per un totale di quasi 70mila individui) che riporta come la quota di persone che ha rinunciato a una visita specialistica negli ultimi 12 mesi perché troppo costosa è stata pari al 6,5% della popolazione (3,9 mln di persone).

 

Un'ulteriore discrepanza si rileva poi confrontando il dato Censis-Rbm con l'indagine europea (Fonte: Costa, Cislaghi, Rosano/ Indagine Istat-Eu Silc) secondo cui sono meno di cinque milioni, cioè meno della metà delle stime dichiarate dal Censis-Rbm, gli italiani che hanno rinunciato a una o più prestazioni sanitarie.

 

Tra l'altro il confronto internazionale evidenzia che la percentuale italiana della popolazione che ha dichiarato di aver rinunciato a una prestazione sanitaria per motivi economici è in linea con la realtà europea: Italia 7,8%, Svezia 9,2%, Francia 6,3%, Danimarca 6,9%, Germania 5,4% (i valori sono riferiti al 2014 ed alla popolazione dai 16 anni in su aggiustata per età e genere sulla media europea).

 


martedì 25 luglio 2017

No, la depressione non è tristezza. E non si combatte “dandosi una mossa”

Risultati immagini per depression
La depressione è una malattia dall’origine ancora oscura e soggetta a ogni sorta di malinteso. 

Il risultato è una condizione, per chi ne soffre, aggravata e segnata dallo stigma sociale


Una “perturbazione dolorosa, più forte di ogni istanza moderatrice del volere”: così Carlo Emilio Gadda ne La cognizione del dolore descrive lo stato depressivo. 

Una rappresentazione che prenderemo per buona, perché una definizione soddisfacente di “depressione” ancora non esiste, e l’arte, in casi come questo, può venirci in aiuto, considerato che metà del suo scopo è proprio dare corpo agli stati d’animo più emblematici.

«Un errore che si fa spesso in buona fede con le persone affette da depressione è sollecitarli a reagire», spiega la psichiatra Cristina Toni, durante la conferenza La depressione: in cerca di una definizione (tra tristezza e malinconia). «Nella depressione c'è una fissità dello stato di dolore che non è influenzabile dalla volontà. Ciò che viene a mancare è proprio la volontà».


In buona sostanza chi – più o meno bonariamente – incita una persona depressa a darsi da fare («perché io ho avuto lo stesso problema e mi sono rimboccato le maniche» e via dicendo…) semplicemente non considera un fatto: la depressione non è la tristezza e il suo contrario non è la felicità, ma la vitalità. Lo spiegava già bene Gadda: “Più forte di ogni istanza moderatrice del volere”.


Distinguere depressione e tristezza – e ancora: malinconia, blues, spleen, lutto – è di fondamentale importanza secondo la dottoressa Toni. Perché la tristezza è uno stato d’animo connaturato nell’individuoun’emozione fisiologica con una funzione adattativa importantissima, motivazionale e di analisi. 


La depressione invece è totalizzante e si traduce in un generale rallentamento, sia fisico che cognitivo ed emotivo. Tanto che, in alcuni casi, non si è più nemmeno in grado di fare le cose banali, dall’andare al lavoro a farsi la doccia.


Semplicemente, tutto diventa incredibilmente impegnativo. Alzarsi dal letto e lavarsi i denti è paragonabile a un’escursione in montagna, tutta in salita e sotto il sole (e senza borraccia d’acqua o barretta di cioccolato per darsi energia). 


Ogni azione si scompone nel cervello in tante micro azioni, tutte con un proprio peso specifico, tutte dispendiose di energia. E, soprattutto, tutte senza senso.


In una società attiva e molto prestazionale come la nostra, una persona che soffre di depressione è ancora soggetta a uno stigma fortissimo. A parte qualche emo superstite e certe ragazzine che su Instagram postano selfie dolenti accompagnati dalla posologia dei propri farmaci, le persone non amano pubblicizzare questa condizione, perché pensano che allontani le persone e che peggiori la propria immagine pubblica.


E hanno ragione. Lo confermano due studi condotti dal professor Guy A. Boysen della McKendree University (in uno, ad esempio, i partecipanti dovevano indovinare la bellezza fisica di alcune persone a partire da indicazioni caratteriali), che provano in buona sostanza che nella percezione comune le persone con disturbi mentali – come depressione e schizofrenia – hanno meno probabilità di avere successo nelle relazioni.

La depressione non è la tristezza e il suo contrario non è la felicità, ma la vitalità

Provoca vergogna, dunque. Eppure è incredibilmente diffusa. “Ora so che la depressione è il segreto di famiglia di ognuno di noi” ha detto lo scrittore Andrew Solomon durante un brillante Ted Talk sull’argomento.

Se le nostre case fossero, come nei film americani, tutte dotate di seminterrato, è lì che probabilmente si troverebbe: nella tana dell’uomo-topo di Memorie dal sottosuolodi Dostoevskij.

Per Solomon la depressione può essere evocata solo da metafore (l'abisso, il bordo, l'oscurità). O, per Dickens, il tarlo che erode lentamente.

Andrew Solomon è un uomo sano, ricco, bianco, che di mestiere fa lo scrittore. Una di quelle persone che “hanno tutto”. Eppure in un momento della sua vita si è ritrovato a non riuscire ad alzarsi dal letto ed è arrivato a fare consapevolmente sesso con uomini che presumeva sieropositivi nella speranza di contrarre il virus a sua volta.

Per chi non ha mai sperimentato episodi depressivi, reazioni anche ben più lievi di questa sembrano del tutto incomprensibili. Non solo, anche chi ne è affetto è spesso consapevole di quanto sia assurda e grottesca la propria visione, ma non riesce comunque a sottrarsi.

Tentare di spiegare è quasi una causa persa, anche considerando che, per parafrasare un altro russo, “tutte le persone felici sono felici allo stesso modo, ogni persona infelice è infelice a modo suo”. Esistono infatti diversi tipi di depressione: quella ansiosa e concitata, quella che si esprime con sintomi fisici più che attraverso l’umore, la depressione malinconica – la più grave – e quella cronica, più lieve, che spesso viene combattuta a forza di automedicazioni come alcol e i sedativi.

Esistono però dei tratti fondamentali e comuni. Innanzitutto, la depressione ti rende solo. E non tanto perché ti fa diventare una persona sgradevole (La persona depressadi David Foster Wallace ha reso questa sgradevolezza al punto da rendere quasi intollerabile l’intero racconto). Pur sapendo che è un’esperienza comune a molti, infatti, per chi ne soffre è qualcosa di unico, che erige una barriera ovattata tra te e gli altri: il vasto mondo dei non depressi. Se si è soli, ci si sente abbandonati. Se si è circondati da amici, ci si sente in colpa per loro (e in colpa verso se stessi per l’importanza stratosferica che, nel bene e nel male, acquista una semplice presenza umana).

Le persone depresse si sentono sempre colpevoli. Nei confronti degli altri e nei confronti di se stessi. La natura solipsistica di questa condizione si accompagna a una sorta di narcisismo al contrario per cui, per quanto possa sembrare demenziale, è quasi impossibile convincersi che: no, non si fa più schifo di qualsiasi altra persona sulla terra. 

Sembra che un velo di finta felicità sia stato sollevato scoprendo la Realtà con la R maiuscola. Ma come Zion in Matrix, anche questa realtà così cupa, per quanto possa sembrare frutto di lucido disincanto, non è che una possibile interpretazione di qualcosa di fondamentalmente insondabile.

In una società attiva e molto prestazionale come la nostra, una persona che soffre di depressione è ancora soggetta a uno stigma fortissimo


Una volta stabilito che tristezza e depressione sono due cose diverse, un altro fraintendimento tipico è che la terapia (psicologica o farmacologica) sia una specie di “scelta comoda” di fronte ai problemi del reale. In realtà la scelta di curarsi porta con sé tantissime difficoltà: viene da chiedersi se i farmaci ti stiano restituendo il vero te stesso o se ti stiano trasformando in qualcun altro.

Allo stesso modo ci si interroga sulla natura del problema: chimico o psicologico? Probabilmente entrambi. «Nonostante tutti i progressi compiuti dalle neuroscienze, non conosciamo ancora la patogenesi della depressione», spiega ancora la dottoressa Toni. Di certo, come dice Solomon; «è qualcosa che si radica talmente in profondità che non può più essere scissa completamente dalla nostra personalità».

Altro errore comune che porta a sottovalutare – e addirittura a provare irritazione nei confronti dei cosiddetti depressi – è considerarlo un male moderno, occidentale, alto borghese. Nella storia della cultura ce n’è traccia più o meno in ogni epoca: si parte già con Omero per proseguire con Tommaso d'Aquino, Shakespeare, Baudelaire, Keats, Van Gogh, Virginia Woolf ed Emily Dickinson, che sentiva “un funerale nel proprio cervello”.

Solomon, che dopo la sua esperienza ha dedicato una buona parte della carriera all’approfondimento del tema, ha studiato a lungo la depressione tra gli strati indigenti della popolazione. «È il risultato», spiega, «di una vulnerabilità genetica – presumibilmente equamente distribuita fra la popolazione – e di circostanze scatenanti, verosimilmente molto più gravi per gli indigenti».

Ma se la tua vita va a gonfie vele e ti senti sempre una nullità, il sospetto di avere qualcosa che non va sorge spontaneo. Se la tua vita invece è un disastro economico e affettivo e ti senti una nullità, be’, in tal caso pensi semplicemente di avere ragione.

Solomon ha raccolto storie da tutto il mondo, dalla Cambogia al Ruanda, e per quanto riguarda le terapie, da rigido paladino della medicina occidentale, per i problemi dell’umore ha finito per sposare la strategia “basta che funzioni”. Ci sono persone che sostengono di trarre grande beneficio dal lavoro a maglia: chi siamo noi per criticare?

Tra libri e farmaci, lo scrittore sembra aver trovato un proprio equilibrio: ha imparato a non preoccuparsi e ad amare la depressione. Non per tutti l’esito è così positivo. Se nelle classi più elevate il fenomeno è probabilmente sovrastimato (e sovra curato), tra i più poveri l’accesso a terapie mirate è in genere proibitivo.

È facile scoraggiarsi: le cure, oltre a essere costose, hanno efficacia incerta e causano parecchi effetti collaterali. Ma è comunque importante pretendere di più, non arrendersi a uno stato d’animo invalidante che in molti casi finirà per peggiorare. Perché se la tristezza fa parte della vita, la depressione vera, quella clinica, è forse la disabilità più diffusa al mondo.

La depressione ti rende solo e ti fa sentire colpevole. Pur sapendo che è un’esperienza comune a molti, infatti, per chi ne soffre è qualcosa di unico

mercoledì 19 luglio 2017

Salute psicofisica e Minori: audizione Vincenza Palmieri in Commissione Parlamentare Infanzia e Adolescenza

La Prof.ssa Vincenza Palmieri, Presidente I.N.PE.F., in audizione presso la Commissione Parlamentare per l'Infanzia e l'Adolescenza, sul tema della tutela della salute psicofisica dei minori

"Da anni, in Italia, vi è un eccesso e un abuso diagnostico in quantità e qualità. Anziché parlare di presa in carico psichiatrica precoce occorre parlare di azioni di presa in carico sociale e di controllo sulla vendita degli psicofarmaci senza prescrizione"

 

- Camera dei Deputati -

Martedì 18 luglio 2017


 

Martedì 18 luglio la Prof.ssa Vincenza Palmieri, Presidente dell'Istituto Nazionale di Pedagogia Familiare, è intervenuta in audizione presso la Commissione Parlamentare Infanzia e Adolescenza, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla tutela della salute psicofisica dei minori, tematica su cui ha inteso sviluppare un focus per approfondire le condizioni legate al disagio fisico e mentale di bambini e adolescenti.

Alla presenza delle Vice Presidenti, Sen. Enza Blundo e On. Sandra Zampa, e dei componenti della Commissione Sen. Elena Ferrara, Sen. Antonio Razzi, Sen. Donella Mattesini, On. Eleonora Bechis, On. Vanna Iori, On. Gaetano Nastri e On. Francesco Prina, il Presidente Palmieri è stata chiamata ad intervenire in qualità di profonda conoscitrice del tema, in virtù dell'esperienza più che trentennale.

Nell'illustrare la situazione, ha dunque analizzato l'attuale esplicarsi del diritto alla salute dei minori nel nostro Paese, correlando in particolare il concetto di disagio mentale all'abuso diagnostico e all'incremento delle prescrizioni e del consumo di psicofarmaci, sottolineando come vi sia oggi un eccesso di diagnosi, in termini di "quantità e qualità".

"Il mio quesito – ha dichiarato – è: sono aumentati i ragazzi disabili, i bambini matti da legare, gli adolescenti con disturbi o sono aumentate le tipologie di diagnosi per cui sempre più popolazione minorile rientra nel range della patologia?​ Quello che voglio dire è che da una parte vengono amplificate le diagnosi, dall'altra abbiamo un incremento della somministrazione degli psicofarmaci come pure della possibilità da parte dei ragazzi di accedervi senza alcun controllo, acquistando tramite internet o altri canali, fino a passare anche attraverso le farmacie. Riporto le testimonianze e le storie dei ragazzi e delle loro famiglie che, in fase di dismissione degli psicofarmaci, riescono purtroppo a procurarsi tali psicofarmaci senza alcuna prescrizione. Lo stesso CNR di PISA ha evidenziato che sono stati circa 200mila ragazzi i italiani che, nel 2014, hanno assunto psicofarmaci e, di questi, 1 su 10, senza prescrizione medica".

Attraverso il Programma Vivere senza Psicofarmaci da lei fondato - come psicologo clinico e giuridico e come Pedagogista Familiare - Vincenza Palmieri quotidianamente incontra, in team con altri professionisti, ragazzi che diventano dipendenti dalle sostanze che assumono. Ha, pertanto, sottolineato: "Ogni giorno 30-35.000 bambini italiani assumono antidepressivi che inducono potenzialmente al suicidio; e 1 su 4 (25% - studio Glaxo) mostra dipendenza dal farmaco. Pensate che nel 2014 (fonte Ansa) su 9924 ricoveri di adolescenti nella fascia 14-18 anni (27 al giorno!), quasi il 30% è avvenuto in psichiatria per adulti​ e, fatto allarmante su cui è necessaria la massima attenzione da parte delle Istituzioni, è che nel 2012 avevamo 70 bambini ricoverati in TSO e nel 2014 (fonte ISTAT) abbiamo avuto 101 bambini ricoverati, sempre in TSO, per «disturbi dell'età preadulta», cioè disturbi dell'adolescenza".

"Personalmente – ha continuato la Prof.ssa Palmieri – invece di parlare di presa in carico psichiatrica precoce, credo sia importante parlare di azioni di presa in carico sociale delle questioni che attengono alla gestione sociale dell'infanzia e dell'adolescenza. Così come bisogna porre un fuoco di attenzione sulla creazione di politiche rivolte esclusivamente a queste fasce di età, al fatto ad esempio che nei quartieri ci debbano essere più spazi, che debba essere consentito giocare nei cortili, che si rimuovano i famosi cartelli che vietano di praticare qualsiasi gioco. Credo pertanto – ha concluso – che non debba essere precoce la presa in carico psichiatrica, quanto l'intervento sociale, la pedagogia familiare, il sostegno alla mamma che lavora, la possibilità che i ragazzi si aggreghino spontaneamente, una scuola veramente inclusiva e non soltanto centri ludici solitamente frequentati dai più piccoli e non dagli adolescenti. È indispensabile iniziare a parlare di politiche di quartiere e alloggiative con spazi culturali per gli adolescenti (e non solo per i bambini) e di politiche scolastiche includenti per evitare la deriva medicalizzata della scuola di oggi".

Questo l'appello rivolto dal Presidente Palmieri ai componenti della Commissione Infanzia e Adolescenza, affinché prevedano programmi di intervento efficace non riconducibili in prima battuta a una prevenzione di tipo esclusivamente sanitario.

L'impegno è quello di continuare con le prossime azioni, già calendarizzate.




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martedì 18 luglio 2017

Apoteca Natura CheckApp: per una salute sempre a portata di click

Nasce la nuova App che connette la farmacia con la salute delle persone


Sansepolcro, 18 luglio 2017 - "A che ora devo prendere la pillola?", "Come si chiamava il ricostituente che prendevo in primavera?", Dov'è finito l'esito dell'elettrocardiogramma?" 

Alla vita piena di impegni che rischia di farci dimenticare informazioni, consigli, scadenze e dati sulla nostra salute, corre in soccorso la tecnologia, con un'Appper avere a portata di mano tutto ciò che riguarda il nostro benessere, scegliendo anche la farmacia Apoteca Natura di fiducia.

Apoteca Natura CheckApp è infatti la nuova app che include in un unico strumento tutti gli aspetti relativi alla salute: referti diagnostici, terapie, prevenzione, stili di vita e acquisto di prodotti in Farmacia. Con un'interfaccia semplice e intuitiva, sarà possibile tracciare e gestire velocemente tutti i nostri dati sanitarie, con l'aiuto del proprio farmacista di fiducia,  avere il consiglio giusto per ogni esigenza. 

Sarà Apoteca Natura CheckApp a ricordaci quando prendere le nostre terapie, grazie alla sua funzione di Promemoria Terapie, a salvare tutte le misurazioni inserite nel Profilo Salute creando comodi grafici che ne mostrano l'andamento nel tempo, a tracciare quanti passi fatti durante la giornata, ad archiviare tutti i referti che è importante tenere sempre disponibili e a farci visualizzare gli ultimi acquisti in farmacia, facendoci anche ottenere vantaggi e promozioni nelle farmacie che aderiscono ad ApoCard

Un profilo della salute a 360° che si completa con i Questionari di Prevenzione, già offerti dalle farmacie della rete Apoteca Natura, per identificare eventuali fattori di rischio e correggere gli stili di vita scorretti, con consigli professionali e personalizzati, mirati a migliorare lo stato di salute dell'individuo e a guidarlo in un percorso di prevenzione. 

E' questa la farmacia del futuro, che vuole conoscere le persone oltre ai prodotti relazionandosi con loro in modo adulto, maturo e coinvolgente. 

Con un network di circa 600 farmacie in Italia e 300 in Spagna, tutte specializzate in automedicazione, prevenzione e prodotti naturali, Apoteca Natura si pone come catalizzatore al centro di un complesso sistema dove la farmacia è all'avanguardia di un nuovo modello sanitario: trasparente, presente e al passo con i tempi, mettendo la persona al centro per guidarla in un percorso di salute consapevole.


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Sole, i consigli del chirurgo plastico per difendere la pelle con il "percorso idratazione"

Un ciclo modulabile di tre trattamenti biorivitalizzanti per prepararsi alla spiaggia e reidratare il viso al rientro dalle vacanze. 

«Senza controindicazioni, può essere fatto anche poco prima di partire per il mare», spiega Patrizia Gilardino

«La pelle deve essere curata prima, durante e dopo l'esposizione al sole. Troppo spesso ci si concentra sulla tintarella dimenticandosi che è proprio il sole il responsabile del 70% del suo invecchiamento». 

Patrizia Gilardino, chirurgo estetico di Milano, ha predisposto un percorso specifico per difendere la pelle e attenuare i danni provocati dal sole, anche per chi è ormai prossimo alla partenza per il mare.

«La chiave di tutto sta in una sola parola: idratazione», spiega la dottoressa. «È qui il segreto maggiore per mantenere giovane la nostra pelle. Occorre prepararla al sole, curarla seguendo delle piccole accortezze e reidratarla al termine delle vacanze: solo così non solamente si rallenterà l'insorgere delle piccole rughe, ma anche la formazione delle macchie».

Gilardino ha studiato un "percorso idratazione" che risponde ad ogni tipo di esigenza, non richiede particolari accorgimenti e può essere fatto anche "last minute" il giorno prima di partire per il mare. «È un percorso composto da tre trattamenti di biorivitalizzazione che, a seconda del tempo a disposizione e delle necessità, prepara la pelle all'esposizione prima di andare in vacanza e la reidrata al rientro», aggiunge la specialista.

«La biorivitalizzazione è un trattamento estremamente naturale che si basa su delle microiniezioni di acido ialuronico su tutto il viso. Permette di agire in profondità e, oltre a non richiedere accorgimenti particolari, non ha controindicazioni. Delle tre sedute previste affinché il trattamento sia efficace, è possibile farne una prima della partenza e due al rientro, o viceversa». Inoltre, «si può completare la preparazione utilizzando degli integratori alimentari a base di vitamine e betacarotene che rendono la pelle meno sensibile a quelli che tecnicamente si chiamano insulti solari».

Questo però non esime dal non curare la pelle durante  il periodo di vacanza. «È questo il momento più delicato», aggiunge Gilardino. «Importante è utilizzare sempre delle creme solari ad alta protezione. L'abbronzatura sarà un po' più lenta, ma avremo la garanzia non solamente che durerà di più, ma anche che lo stress subito dalla pelle sarà inferiore». In ogni caso, è sempre indicato evitare di stare al sole durante le ore più calde della giornata. «All'incirca dalle 12 alle 16, anche per quanti stanno in spiaggia tutto il giorno, sarebbe opportuno ripararsi sotto un ombrellone: ci si abbronza ugualmente, ma almeno si limitano i danni solari», aggiunge. Non certo ultimo, la cura alla sera. «È consigliabile utilizzare dei prodotti che diano una buona idratazione e nutrimento alla nostra pelle. Magari che contengano dei fattori di ripristino dei piccoli danni che si sono creati durante la giornata».

Quindi, al rientro dalle vacanze, completare il ciclo di biorivitalizzazioni che, come ricorda la dottoressa, «oltre a reidratare la nostra pelle provata dal sole, restituiscono luminosità prolungando l'effetto abbronzatura. Ai trattamenti può essere abbinato l'uso di sieri che, contenendo dei fattori di ripristino, aiutano la pelle a recuperare tono dopo lo stress per il periodo di prolungata esposizione al sole».

Patrizia Gilardino - profilo professionale. Laureata in Medicina e Chirurgia all'Università degli Studi di Milano nel 1988, Patrizia Gilardino si è specializzata nella Scuola di Chirurgia Plastica Ricostruttiva dell'Università degli Studi di Milano nel 1993. Iscritta all'Ordine dei Medici di Milano dal 1989, ha lavorato fino al 2003 all'Unità Funzionale di Chirurgia Plastica dell'Ospedale Multimedica di Sesto San Giovanni.

Esercita la libera professione al Poliambulatorio della Guardia di Finanza di Milano, al Centro Dermatologico Europeo, nel proprio studio di via Colonna a Milano e nello studio di via Colombo 44 a Piacenza. È membro della Società di verifica e controllo di qualità e della Società americana di chirurgia plastica. È socio Sicpre (Società italiana di chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica) ed è iscritta all'Associazione Italiana Chirurgia Plastica Estetica (Aicpe).



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lunedì 17 luglio 2017

D'estate aumentano i problemi di metabolismo Il 34% degli italiani metterà su peso, ma non sempre solo per gli eccessi alimentari.




["Alessandro Maola Comunicazione"]
Il 34% degli italiani metterà su peso, ma non sempre solo per gli eccessi alimentari.
Questa estate il 34% degli italiani probabilmente metterà su peso o pensa che accadrà. Ma di questi solo il 25% ha pensato di fare una verifica sul funzionamento del proprio metabolismo (dati trattamentimetabolismo.com).
"Certamente in estate siamo tutti più esposti a prender peso, sia perché durante le ferie siamo meno predisposti a seguire diete (solo il 32% di chi segue una dieta lo fa costantemente per tutto l'anno, secondo l'Osservatorio Fondazione ADI), sia perché in molti, con il grande caldo, rinunciano a molte delle proprie attività fisiche. - ha dichiarato Barbara Allegro, esperta di trattamenti del metabolismo - Ma sono pochi quelli che hanno pensato che una parte del loro problema potrebbe derivare da una disfunzione del metabolismo, che oltretutto in estate e con le alte temperature, può essere persino rallentato."
"Se è evidente che sospendere la dieta o l'attività fisica possa portare ad aumentare il peso, meno ovvio è che chi ha problemi per un metabolismo lento, in Estate rischia di mettere su chili a prescindere dal suo comportamento. Magari continua la dieta, continua l'0attività fisica ma i risultati sono lo stesso negativi."
"Solo il 25% di chi teme di mettere aumentare il girovita in estate ha fatto una verifica delle funzionalità del proprio metabolismo. E dire che si stima che il 70% della popolazione abbia almeno qualche sintomo."
Allora cosa fare? Prima di iniziare le ferie, è bene rivolgersi al medico per una verifica, sopratutto coloro che riscontrano alcuni segnali, come una forte stanchezza cronica, dolori muscolari, disturbi del sonno. O un peso che non riesce ad essere ridotto nonostante l'impegno.
"Sono sopratutto le donne che riscontrano i maggiori problemi legati al Metabolismo, anche se a dire il vero questo deriva anche da una minore attenzione al problema da parte degli uomini."
" Il metabolismo certo dipende da molteplici fattori, quali l'età, il sesso, lo stress, la situazione ormonale. Ma è anche possibile riattivarlo, sia con piccoli accorgimenti alimentari e nello stile di vita, sia con metodi naturali e sedute specifiche. Questo permette non solo di perdere peso o di superare alcuni disturbi connessi, ma anche di mantenere i risultati nel tempo, cambiando il modo con il quale il nostro corpo "brucia" l'energia assunta per vivere." - ha concluso Barbara Allegro di trattamentimetabolismo.com.
Ecco quindi alcuni consigli per una Estate che possa migliorare il metabolismo:
  1. E' una ovvietà ma d'estate occorre bere e bere tanto. Ma oltre l'acqua è utile il The Verde, il Guaranà, oppure semplicemente peperoncino, caffè o cioccolato. E mangiare tanto pesce, che contiene Iodio. Ahimè occorre anche limitare l'alcool.
  2. Evitare assolutamente periodi anche brevi di digiuno. L'assenza di "carburante" complica molto la vita al nostro metabolismo
  3. Fare tanti spuntini, ovviamente a basso contenuto calorico, che però permetteranno al nostro corpo di mantenere il metabolismo sempre "sveglio"
  4. Fare un controllo della funzionalità della tiroide
  5. Fare una visita sulla funzionalità del proprio metabolismo presso uno studio specializzato. Su www.trattamentimetabolismo.com è possibile anche prenotare una visita gratuita pressi i centri specializzati.







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domenica 16 luglio 2017

Parkinson. Sono 600mila i malati in Italia, in aumento la diagnosi nei giovani. Oggi per la prima volta il Comitato Associazioni Parkinson accolto al Ministero della Salute

Lanciata la petizione online per chiedere il diritto ad avere informazioni sulla malattia, cure e servizi adeguati su tutto il territorio

Roma – L'11 luglio 2017 per la prima volta il Comitato Nazionale Associazioni Parkinson è stato ricevuto al Ministero della Salute. L'incontro è un fatto storico perché negli ultimi vent'anni le associazioni di parkinsoniani non sono mai state riunite in un'unica organizzazione.

"Un incontro molto positivo – ha dichiarato Giulio Maldacea, promotore del Comitato Nazionale Associazioni Parkinson - perché lo staff del ministro Lorenzin ha ascoltato con interesse ciò che avevamo da raccontare: il Parkinson non è più solo una malattia che colpisce gli anziani, infatti, sono sempre di più i giovani a cui viene diagnosticato. Uomini e donne di 30/40 anni, nel pieno dell'attività professionale, spesso con figli piccoli, sono costretti a rallentare i ritmi della loro vita, subendo spesso pesanti ridimensionamenti sul posto di lavoro e senza un riconoscimento adeguato di disabilità per una malattia che può essere molto invalidante".

La mancanza di una terapia uniforme a livello nazionale, la difficoltà del reclutamento dei medicinali, il riconoscimento di efficaci tutele lavorative e di una adeguata invalidità, l'emersione delle situazioni illecite che comportano danni e complicazioni ai malati ed alle famiglie (spesso costretti a subire estenuanti procedure burocratiche e controlli capziosi): sono le principali criticità che i malati e le loro famiglie devono affrontare quotidianamente.

Insieme al Comitato, ha partecipato all'incontro al Ministero anche Gianni Pezzoli, presidente della Fondazione Grigioni per il Morbo di Parkinson, che ha rivelato gli ultimi dati disponibili, anche se non ufficiali, relativi ai malati in Italia: in base alle vendite dei farmaci sarebbero circa 600 mila i malati di Parkinson e parkinsonismi. Le ultime stime relative alla fine degli anni '80, in possesso anche del Ministero, riportano la presenza di 230 mila malati nel nostro Paese.
Entro il 31 settembre il Comitato Nazionale Associazioni Parkinson presenterà al Ministero un rapporto sulla situazione dei malati di Parkinson in Italia, che evidenzierà le criticità e le possibili soluzioni per aiutare i pazienti.

Durante l'incontro il Comitato ha offerto la propria disponibilità al Ministero per avviare una collaborazione finalizzata a creare un sistema virtuoso in sostegno dei malati per far fronte assieme ai problemi che ogni paziente affronta con difficoltà (accompagnamento alle terapie riabilitative, reperimento medicine, assistenza domiciliare, etc...), ma che, grazie alla rete delle associazioni volontarie dei parkinsoniani, diffuse a macchia di leopardo sul territorio nazionale, possono essere superate con il supporto della Sanità pubblica.
Oggi il Comitato ha incontrato anche alcuni esponenti dello staff dei Ministri dei Trasporti e per gli Affari Regionali con delega alla Famiglia.

ll Comitato Nazionale Associazioni Parkinson è nato da pochi giorni e riunisce le principali organizzazioni italiane che da anni si occupano di questa malattia: Associazione WeAreParky, Associazione AIGP, Parkinson Italia, Associazione Italiana Parkinsoniani.
La malattia di Parkinson, diagnosticata per la prima volta 200 anni fa, è una malattia neuro-degeneraiva, per la quale, ad oggi, non esiste ancora una cura riconosciuta.

Per rivendicare il diritto di avere informazioni, cure e servizi equamente disponibili sul territorio nazionale e per sollecitare una risposta esaustiva da parte delle istituzioni è stata lanciata una campagna di raccolta firme al seguente link: https://goo.gl/XmavUo.

Il motto 'Non siamo più pazienti' sta a significare le urgenze, che necessitano di una risposta immediata da parte delle istituzioni, le criticità causate dalla malattia e soprattutto l'esigenza di migliorare la qualità di vita delle persone con Parkinson e delle loro famiglie.


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AWS: cinque modi in cui il cloud supporta il settore healthcare

Nel ventesimo secolo sono stati fatti enormi passi avanti in campo medico e, grazie al cloud, il ventunesimo secolo può contribuire a un successo ancora più grande. 

La ricetta per migliorare la qualità di vita dei cittadini in generale, soprattutto quando si parla di pazienti, deve essere nota a tutti se si vuole davvero migliorare la qualità della vita.

Semplificare la burocrazia e assicurare un accesso ai servizi continuativo è un must have, così come servono trasparenza e velocizzazione dell'accesso all'innovazione. Le tecnologie hanno dimostrato un ruolo assolutamente strategico nel garantire una migliore gestione dell'assistenza sanitaria. Gli ospedali hanno il potenziale per diventare centri ad alta tecnologia e di somministrazione di cura ad alta complessità ed impatto economico.

Qual è dunque il potenziale del cloud che le grandi organizzazioni devono sfruttare per offrire un'assistenza sanitaria che sia a beneficio di tutti e democraticamente dispensata? Che cosa nasce dalla combinazione di cloud, IoT e genomica? Amazon Web Service illustra 5 modi in cui il cloud ci può aiutare ad avere una vita più sana.

Genomica
La genomica nel prossimo decennio giocherà un ruolo determinante nell'ambito dei big data. Negli ultimi dieci anni i dati genomici prodotti giornalmente sono raddoppiati ogni sette mesi; secondo le stime dei ricercatori, con questo trend, nel 2025 potremmo arrivare a produrre e quindi a dover immagazzinare e gestire tra i 2 e i 40 exabyte (1018 byte) di informazioni all'anno.

Un caso di successo nel settore della genomica è di Laboratory for Personalized Medicine (LPM), che fa parte del Center for Biomedical Informatics alla Harvard Medical School, ed è specializzato in medicina personalizzata, una profilassi basata sulle caratteristiche genetiche degli individui, e crea modelli e simulazioni per determinare il valore clinico dei nuovi test genetici. Per ovviare alla difficoltà di trovare una quantità sufficiente di dati di pazienti reali per la creazioni di modelli, l'LPM crea avatar di pazienti, praticamente dei pazienti "virtuali". 

 Il laboratorio può creare diversi gruppi di avatar per diversi test genetici e quindi replicarne grandissimi numeri in base alla caratteristiche delle popolazioni negli ospedali. LPM ha scelto le tecnologie di sequenziamento a throughput elevato e di raccolta di dati biomedici insieme alla flessibilità di Amazon Web Services (AWS) per lo sviluppo di modelli innovativi di test di analisi di genomi completi in tempo record. 

Biotecnologie e industria farmaceutica
Il settore farmaceutico si trova ad affrontare un contesto estremamente competitivo in cui i ricavi derivanti dai brevetti protetti sono a rischio e la produttività della R&S è in declino, con conseguente riduzione dei ricavi ed una crescita dei costi per portare nuovi farmaci sul mercato. Per questo, il cloud computing aiuta l'industria farmaceutica a ridurre notevolmente i costi della ricerca (e anche i tempi).

Questo è il caso di Novartis Institutes for Biomedical Research (NIBR), centro che ha lo scopo di fornire cure, assistenza e medicinali per il trattamento e la prevenzione delle malattie, ridurre la sofferenza dei pazienti e migliorare la qualità della vita. Il NIBR dispone di una rete di ricerca globale composta da 6.000 scienziati, con 130 progetti in sviluppo per l'utilizzo di analisi cliniche con l'automatizzazione. Novartis ha realizzato un progetto effettuando uno screening virtuale su 10 milioni di composti contro il cancro, in meno di una settimana. I ricercatori avevano calcolato di aver bisogno di un investimento di 40 milioni di dollari per eseguire l'esperimento internamente. In collaborazione con Cycle Computing e Amazon Web Services (AWS), Novartis ha costruito una piattaforma che sfrutta Amazon Simple Storage Service (Amazon S3), Amazon Elastic Block Store (Amazon EBS) e quattro Availability Zones. Il progetto ha attraversato 10.600 instanze Spot (circa 87.000 compute core). Questo ha permesso a Novartis di condurre 39 anni di chimica computazionale in 9 ore per un costo di $ 4.232. Su 10 milioni di composti monitorati, tre sono stati identificati con successo.

Il futuro della diagnosi medica in un videogioco
L'idea di MalariaSpot nasce nel 2012 da Miguel e il suo team di ricercatori presso l'Università Politecnica di Madrid (UPM). Essi avevano deciso di utilizzare l'intelligenza collettiva di giocatori provenienti da tutto il mondo per aiutare a diagnosticare malattie che uccidono migliaia di persone ogni giorno. Il videogioco, disponibile per computer e smartphone, si basa su un "cacciatore di malaria" con un minuto per rilevare i parassiti in un vero campione di sangue digitalizzato. Dal suo lancio, più di 100.000 persone in 100 paesi hanno "cacciato" un milione e mezzo di parassiti. Il numero di click effettuati da molti giocatori su uno stessa immagine campione combinata con l'intelligenza artificiale mostra un conteggio preciso come quello di un esperto, ma più veloce. AWS ha aiutato Miguel e il team alla creazione di un gioco che potesse basarsi su una infrastruttura flessibile grazie alla quale potesse operare da qualsiasi parte del mondo. Miguel e il suo team ha utilizzato il programma Research Grants di AWS che permette agli studenti, insegnanti e ricercatori di trasferire le loro attività sul cloud e innovare rapidamente a costi bassi. 

Dalla Casa Bianca alle scuole di quartiere Il progetto MalariaSpot ha attirato il riconoscimento di istituzioni come la Singularity University della NASA, l'Ufficio della Scienza e della Tecnologia della Casa Bianca, e il Massachusetts Institute of Technology (MIT), che ha definito Miguel uno dei dieci spagnoli under 35 con il potenziale per cambiare il mondo attraverso la tecnologia.

Nuove tecnologie mobili e Internet of Things
La divisione medica di Philips gestisce il proprio servizio HealthSuite nel cloud AWS. Recentemente Philips e Amazon hanno deciso di espandere ulteriormente la loro collaborazione per rendere ancor più efficiente HealthSuite. Questo servizio ha già analizzato 15 petabyte di dati medici, classificati e organizzati in modo che gli operatori sanitari possano usufruire delle informazioni in modo rapido, semplice e sicuro. 

Questi dati vengono raccolti da milioni di dispositivi collegati, sensori e applicazioni mobili; nel mese di ottobre dello scorso anno sette milioni di queste fonti sono state collegate a HealthSuite. Utilizzando il cloud, Philips è in grado di aumentare i petabyte di dati raccolti ogni mese con un ritmo elevatissimo: se l'azienda avesse utilizzato i propri computer, sarebbe stato necessario molto più tempo. Inoltre, l'utilizzo dell'infrastruttura IT locale è costoso e, in un settore in cui c'è la necessità di risparmiare, ogni euro speso per l'assistenza sanitaria, al posto di questioni non essenziali, ha la sua importanza. In questo modo, Philips è in grado di contribuire allo sviluppo di soluzioni medicali più personalizzate.

Medical imaging
Il cloud computing offre gli strumenti per gestire i dati in modo intelligente anche all'imaging medicale.

Arterys, precedentemente conosciuto come Morpheus Imaging, fornisce una soluzione di imaging per il flusso del sangue che consente ai medici di eseguire scansioni MRI in modelli multidimensionali e di diagnosticare meglio malattie cardiovascolari. Arterys ha costruito la propria soluzione di imaging su AWS per avvantagiarsi delle istanze G2 Amazon EC2 ottimizzate in grafica. Utilizzando AWS, Arterys ha la possibilità di eseguire scansioni MRI in 10 minuti o anche  meno, invece dello standard industriale di 90 minuti, pur assicurandosi che la propria piattaforma soddisfi i requisiti di conformità HIPAA.

"Il cloud è la risposta alle problematiche dei sistema sanitario, soprattutto conseguentemente alla crescita esponenziale dei dati, grazie alla disponibilità di spazio per l'archiviazione e alle opportunità che offre per una big data analytics che consenta di supportare la capacità predittiva di cui il sistema stesso ha bisogno" commenta Danilo Poccia, Tech Evangelist in Amazon Web Services. "Inoltre, in Italia, il processo di digitalizzazione della sanità sta prendendo piede, pur con un ritardo rispetto al contesto europeo. Le percentuali sono ancora basse ma i cittadini utilizzano sempre di più le tecnologie digitali e le app per tenere d'occhio la loro salute. 

Anche i medici utilizzano App e tecnologie digitali per comunicare fra di loro o con il paziente e per consultare documenti. Il cloud computing ha ormai dimostrato il suo valore ed è stato adottato da aziende di tutte le dimensioni, in ogni parte del mondo, indipendentemente dal segmento di mercato di competenza".



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mercoledì 12 luglio 2017

HIV/AIDS. Gli italiani promuovono l’auto test in farmacia: per 8 su 10 è “un passo avanti per la salute pubblica”

Ma solo il 20% sa che è disponibile anche in Italia.

Resta forte la preoccupazione per la diffusione del virus e la paura è frutto spesso di scarsa informazione.

Per oltre il 70% degli intervistati dovrebbero essere i medici di base ad informare sulla disponibilità dell'auto test.



Il 1 dicembre scorso, in coincidenza con la Giornata mondiale Aids, è stato reso disponibile anche in Italia il primo auto test per la diagnosi del virus HIV.

Il test, acquistabile liberamente in farmacia senza ricetta, rappresenta un presidio di prevenzione e diagnosi che si aggiunge alle iniziative e agli strumenti già a disposizione dei cittadini nell'ambito delle prestazioni erogate dal Servizio sanitario nazionale.

A distanza di sette mesi dalla distribuzione dell'auto test in farmacia la Fondazione The Bridge, insieme a NPS Italia Onlus, che ne ha fin dall'inizio sostenuto la diffusione quale strumento utile a far emergere il sommerso e fare prevenzione nei confronti dell'Aids, ha commissionato un'indagine demoscopica alla SWG di Trieste per sondare le reazioni dei cittadini.

I principali risultati (per l'indagine completa vedi dossier allegato)
L'infezione da HIV, sembra preoccupare buona parte del campione interpellato. Tale preoccupazione si evince dal fatto che quasi il 70% ritiene che l'infezione da virus HIV abbia una diffusione piuttosto ampia. Il dato non rispecchia ovviamente la situazione reale ma piuttosto la paura di chi non ha sufficienti informazioni in materia e che fa ingigantire la percezione sulla diffusione del fenomeno.  Particolarmente attente al tema risultano le donne, quanti hanno figli, inoltre la sensibilità cresce in misura direttamente proporzionale all'età.

A fronte di questa preoccupazione si delinea pertanto un ampio e solido favore a tutto ciò che può in qualche modo diagnosticare e contenere il fenomeno. Contestualmente accanto alla scarsa informazione che sappiamo esistere sull'argomento in generale, si evidenzia quella sull'esistenza del 'self test'

Dall'analisi dei dati raccolti rispetto alla diagnosi dell'infezione del virus HIV emerge:

  • l'importanza attribuita alla possibilità di poter effettuare una diagnosi precoce 
  • un atteggiamento critico verso le istituzioni che non prestano un' adeguata attenzione al problema, anche se la maggioranza crede che sia alquanto semplice fare un test all'interno della sanità pubblica
  • solo poco più di un terzo crede, ma non lo sa per certo, ci sia un test da fare da soli (sicuramente sì/probabilmente sì)
  • meno del 20% ha sentito parlare dell'autotest a disposizione in farmacia
  • la gran parte non sa se sia necessaria o meno la ricetta per l'acquisto ma l'80% ritiene sia meglio la vendita libera

Tuttavia nonostante la limitatezza delle informazioni rispetto a utilità e affidabilità

  • la quasi totalità ritiene si tratti di uno strumento utile in generale
  • la stragrande maggioranza sottolinea quanto sia importante per chi teme di aver contratto il virus poter ricorrere a questo strumento senza passare per la sanità pubblica
  • il fatto che si tratti di un test 'fai da te' non sembra inficiarne la validità e il 70% lo ritiene attendibile
  • oltre l'80% ritiene che la libera vendita del test in farmacia rappresenti un passo avanti  per la salute pubblica e solo un segmento minoritario, pari al 9%, lo considera un pericolo motivato dal timore della scarsa affidabilità della diagnosi e della successiva cura.

In merito al target che potrebbe ricorrere al self test e all'informazione
  • la maggioranza indica quanti temono di aver contratto il virus e in seconda battuta le categorie vulnerabili, come tossicodipendenti, omosessuali, ecc
  • solo una quota esigua, pari al 5%, sostiene che soltanto i servizi sanitari possono assolvere in maniera adeguata il compito diagnostico
  • i medici di base, secondo oltre il 70%, dovrebbero arrogarsi il compito di informare tutti i loro pazienti dell'esistenza del  self test  e non solo quanti lo richiedono o le categorie vulnerabili

Considerato quindi il favore che il self test raccoglie sembrerebbe utile una campagna di informazione, condotta principalmente attraverso i medici di base, per mettere in evidenza:

      l'utilità del test
      l'affidabilità del self test
       l'opportunità di riservatezza offerta a chi teme di aver contratto il virus
       la libera vendita senza obbligo di ricetta
      quanto il test rappresenti un passo avanti per la salute pubblica

"Negli anni '90 – ha commentato i dati Loredana Ferenaz di SWG - oltre il 20% delle persone nell'indicare le maggiori preoccupazioni mettevano ai primi posti droga, mafia e Aids. Nel corso degli anni la situazione è cambiata, sono subentrate e diventate prioritarie la disoccupazione, la crisi economica, prospettive per i giovani e il terrorismo. Di Aids ormai non si parla più da tempo e nessuno lo mette oggi nella lista delle proprie apprensioni, tuttavia quando si parla di infezione da virus HIV riemerge in maniera subdola una paura che riguarda nella maggioranza dei casi qualcosa che non si conosce, che non ci tocca da vicino e che spesso appartiene agli altri.
Emerge pertanto la necessità di non sottovalutare questa paura che alimenta antichi e sorpassati stereotipi e fare chiarezza e informazione su questo tema, le problematiche che ne derivano e gli strumenti utili a farvi fronte".

Hanno detto:

Rosaria Iardino (Presidente Fondazione The Bridge)
A sette mesi dalla messa sul mercato, l'autotest è diventato uno strumento di utilizzo diffuso che non possiamo e non dobbiamo smettere di sostenere. Agire sempre più sull'abbattimento dei pregiudizi nei confronti della malattia, e porre l'attenzione sulla consapevolezza del proprio stato di salute, continuano a essere temi imprescindibili, da un punto di vista etico e clinico. La diagnosi precoce è il primo strumento di cura, e un dispositivo facilmente reperibile in farmacia e da utilizzare autonomamente, è un mezzo straordinario per implementare l'emersione delle diagnosi.

Andrea Mandelli (Vice presidente Commissione Bilancio del Sebato e presidente della Fofi)
L'autotest per 'individuazione dell'infezione da HIV è un esempio perfetto di quanto l'evoluzione tecnologica possa molto per rispondere ai bisogni della persona, contribuire all'empowerment del paziente e diffondere la cultura della prevenzione nella collettività. Tuttavia la risposta tecnologica è necessaria ma non sufficiente: soprattutto nel caso di una malattia importante come questa, è necessario che sia inserita in un contesto pronto a farsi carico delle necessità della persona che sorgono fin dal primo istante successivo all'esecuzione del test. Nel caso in cui si confermi la presenza dell'infezione, è ovvio, ma anche nel caso in cui l'esito sia favorevole, perché sull'HIV occorre continuare nell'opera di educazione e informazione, senza mai abbassare la guardia.

Eleonora Cimbro (Vicepresidente Comitato permanente sulla politica estera e relazioni esterne dell'Unione Europea della Camera dei Deputati)
Il self-test per l'HIV è una grande intuizione che consente di prevenire l'insorgere della malattia, sfidando il pregiudizio- molto spesso dettato dalla scarsa conoscenza del fenomeno-, che ancora si abbatte sulle persone sieropositive e che, purtroppo, inibisce la diagnosi precoce dell'infezione. Nel nostro Paese ci sono 3.500 nuovi casi di HIV ogni anno, in media 10 diagnosi al giorno, eppure, passata l'ondata mediatica degli anni Novanta, non se ne parla praticamente più. Le istituzioni in questo senso devono lavorare congiuntamente per promuovere campagne informative adeguate di prevenzione, rimuovere il pregiudizio e agevolare le diagnosi precoci. Con questo test abbiamo dunque un'opportunità unica, non sprechiamola!

Marco Cossolo (Presidente Federfarma)
La disponibilità nelle farmacie di un autotest per l'HIV - che permette di fare l'analisi, comodamente a casa propria, nel pieno rispetto della privacy, anche alle persone che non si attiverebbero per  prenotarla e recarsi in una struttura pubblica – è utile perché accelera, quando risulti necessario, il ricorso al medico o al centro specializzato e quindi alle terapie
Cronicizzato grazie alle nuove cure,  l'AIDS non è più  alla ribalta dei media e, forse anche per questo calo di attenzione, continua  a diffondersi, colpendo giovani e  fasce di popolazione diverse da quelle (soprattutto omosessuali e tossicodipendenti) colpite negli anni '80.   Far conoscere l'esistenza dell'autotest diventa così  anche l'occasione per richiamare l'attenzione dell'intera popolazione  sull'opportunità di usare le necessarie cautele per evitare il contagio da HIV e dalle altre malattie sessualmente trasmissibili.  Anche per l'informazione sanitaria e la prevenzione di queste patologie la farmacia  è la struttura sanitaria più adatta perché capillare e capace di comunicare ogni giorno con  i 4 milioni di utenti del servizio farmaceutico e instaurare un rapporto di fiducia

Armando Toscano (Ricercatore Sociale e membro del Centro Studi di Fondazione The Bridge)
L'HIV ci pone sempre di fronte a nuove sfide. Oggi il nostro challenge arrivare alle 30 mila persone sieropositive che non sono coscienti della propria sieropositività. Si tratta infatti di uno zoccolo duro di persone che forse nemmeno immagina che l'HIV possa essere un problema che li riguardi. Il punto è trovare un modo per portare il test nei luoghi in cui sono queste persone. Il self-test è un presidio utilissimo, che ciascuno può acquistare in farmacia ed effettuare col farmacista, col proprio medico di base, con una persona fidata o anche da solo.

Margherita Errico (Presidente NPS Italia ONLUS)
Il self test permette a persone che hanno difficoltà ad accedervi attraverso i canali tradizionali, di praticarlo autonomamente. Questo potrebbe permettere l'emersione di una parte di infezioni non diagnosticate e inoltre, l'acquisto del test in farmacia potrebbe ridurre la paura di essere stigmatizzati, che in alcuni contesti sociali è ancora molto presente. Fare il test HIV da soli, risolve all'origine il timore per la mancata privacy sul risultato dell'esame, e aggancia la persona che ne ha bisogno direttamente alla struttura sanitaria più adatta.

Adriana Ammassari (Dirigente medico Istituto nazionale per le Malattie Infettive Spallanzani, Roma)
In Italia la popolazione HIV-positiva è stimata intorno alle 130.000 persone, ma circa l'11-15% non conosce la propria sieropositività (sommerso dell'infezione). Queste persone hanno un rischio elevatissimo di diagnosi tardiva dell'infezione (AIDS conclamata) e non accedono allo straordinario beneficio conferito dall'inizio precoce della terapia antiretrovirale. Inoltre, ignare della propria sieropositività, possono trasmettere l'infezione ai partner sessuali ed eventualmente ai figli in gravidanza.
L'auto-test per la diagnosi dell'infezione da HIV è uno strumento affidabile ai fini dello screening e si integra perfettamente nelle procedure di prevenzione e gestione dell'infezione da HIV. Infatti, dati nazionali e internazionali mostrano che coloro che hanno utilizzato l'auto-test sono principalmente persone che, spesso per motivi di privacy, precedentemente non si erano mai recati in ospedale per eseguire l'esame. A valle, la facile accessibilità ai centri per le Malattie Infettive con l'aiuto delle Associazioni per i Pazienti efficacemente intervengono nel supporto della persona HIV-positiva.
In generale, la maggiore diffusione sul territorio di test per la diagnosi dell'infezione da HIV e la de-stigmatizzazione della condizione di sieropositività sono elementi cruciali nella lotta all'AIDS.

Cinzia Falasco Volpin (AD Mylan)
A sette mesi di distanza dal lancio sul mercato del primo autotest per la diagnosi dell'HIV, Mylan è di nuovo accanto alle Istituzioni, a Fondazione The Bridge e NPS Italia Onlus, per creare cultura in tema di prevenzione, ad oggi la prima e più importante arma di protezione contro l'HIV. Grazie a un dispositivo diagnostico rapido e facile da utilizzare, siamo orgogliosi di aver contribuito a facilitare l'accesso alla diagnosi precoce - un dovere verso sé stessi e verso gli altri - e a far emergere il sommerso delle diagnosi tardive, che portano a un aumento del rischio collettivo.



CONOSCENZA  DEL SELFTEST
PER LA DIAGNOSI  DELLA INFEZIONE DA HIV

L'infezione da virus hiv

Ritiene che oggi l' Infezione da Virus dell' Hiv sia..

molto   diffusa
12
abbastanza diffusa
57
Totale diffusa
69
poco diffusa
26
per niente diffusa
0
Totale non diffusa
26
non sa
5
(valori %)

Quanto ritiene importante  poter effettuare una diagnosi  precoce dell' Infezione da Virus?

molto  importante
71
abbastanza importante
25
Totale importante
96
poco importante
3
per niente importante
1
Totale non importante
4
(valori %)

Secondo lei, oggi, le istituzioni prestano alla diagnosi del virus dell'HIV un'attenzione:

del tutto adeguata
6
 sufficiente
36
Totale 
42
insufficiente
47
del tutto insufficiente
11
Totale non importante
58
(valori %)

Secondo lei, fare un test per la diagnosi  Infezione da Virus dell'Hiv nella Sanità pubblica è:

molto  semplice
19
abbastanza semplice
42
Totale semplice
61
un poco difficile
15
molto  difficile
3
Totale difficile
18
non sa
21
(valori %)


Conoscenza del test da fare autonomamente

Lei sa se esiste un test per la diagnosi dell'Infezione da Virus dell'Hiv da fare autonomamente senza ricorrere ai servizi sanitari?
 
sicuramente  
13
probabilmente  
24
 Totale sì
37
probabilmente  no
19
sicuramente no
5
 Totale no
24
non sa
39
(valori %)

Da alcuni mesi è disponibile in farmacia un test autodiagnostico per scoprire a casa propria se si è sieropositivi o meno. Ne ha sentito parlare?

19
no
75
non ricordo
6
(valori %)

Il test si fa attraverso un prelievo del sangue con una piccola puntura al polpastrello. Già dopo 15 minuti sono disponibili i risultati. Ritiene che si tratti di uno strumento molto, abbastanza, poco o per niente utile?

molto  utile
63
abbastanza utile
30
Totale utile
93
poco utile
5
per niente utile
2
Totale non utile
7
non sa
5
(valori %)

Per chi teme di aver contratto il virus,  secondo lei  quanto è importante poter ricorrere all'autotest  senza dover necessariamente passare per i servizi pubblici?

molto  importante
57
abbastanza importante
32
Totale importante
89
poco importante
8
per niente importante
3
Totale non importante
11
(valori %)


Il fatto che si tratti di un test fai da te lo rende, secondo lei, molto, abbastanza, poco o per niente attendibile?

molto  attendibile
9
abbastanza attendibile
61
Totale attendibile
70
poco attendibile
19
 per niente attendibile
2
Totale non attendibile
21
non sa
9
(valori %)

Secondo lei il selftest per la diagnosi dell'infezione da HIV  dovrebbe essere utilizzato da…

da chi teme di aver contratto il virus
63
tutti per sicurezza
39
da gruppi vulnerabili (tossicodipendenti, omosessuali, prostitute
37
da nessuno è meglio ricorrere ai servizi sanitari
5
non sa
2
(valori % somma risposte)

Con quale frequenza ritiene che le persone dovrebbero sottoporsi al self test ?

annualmente
40
ogni 2 anni
13
solo se hanno corso dei rischi
40
non sa
7
(valori %)


L'informazione

Secondo lei i medici di base dovrebbero informare i loro pazienti dell'esistenza del selftest per la diagnosi dell'infezione da HIV?

si tutti i pazienti
72
si, ma solo quelli che parlano dell'argomento
17
si, ma solo le persone appartenenti ai gruppi vulnerabili (tossicodipendenti, omosessuali, prostitute.
10
no, nessuno
1
(valori %)

Per quanto ne  sa, è necessario avere la ricetta medica per acquistare il test per la diagnosi del virus HIV?

7
no
30
non sa
63
(valori %)

Per acquistare il test per la diagnosi del virus HIV non è necessario avere la ricetta medica . Secondo lei è giusto o sarebbe meglio che per l'acquisto ci fosse l'obbligo di ricetta?  

è meglio la vendita libera
80
è meglio l'obbligo di ricetta medica
11
non sa
9
(valori %)

Secondo lei il fatto che il test fai da te venga venduto a tutti in farmacia rappresenta per la tutela della salute pubblica :  

un passo avanti
82
un pericolo
6
uno svantaggio
3
non sa
9
(valori %)

Per quale motivo lo considera uno svantaggio/pericolo?

Chi si fa il test non è detto che poi si curi e puo' essere pericoloso per la salute collettiva
51
Le diagnosi non sono sicure
35
Le persone sono meno controllate
9
Altro
5
(valori % risponde chi considera un pericolo/svantaggio)


Note di sintesi

il self test

L'infezione da HIV, sembra preoccupare buona parte del campione interpellato. Tale preoccupazione si evince dal fatto che quasi il 70% ritiene che l'infezione da virus HIV abbia una diffusione piuttosto ampia. Il dato non rispecchia ovviamente la situazione reale ma piuttosto la paura di chi non ha sufficienti informazioni in materia e che fa ingigantire la percezione sulla diffusione del fenomeno.  Particolarmente attente al tema risultano le donne, quanti hanno figli, inoltre la sensibilità cresce in misura direttamente proporzionale all'età.

A fronte di questa preoccupazione si delinea pertanto un ampio e solido favore a tutto ciò che può in qualche modo diagnosticare e contenere il fenomeno. Contestualmente accanto alla scarsa informazione che sappiamo esistere sull'argomento in generale, si evidenzia quella sull'esistenza del 'self test'

Dall'analisi dei dati raccolti rispetto alla diagnosi dell'infezione del virus HIV emerge :

  • l'importanza attribuita alla possibilità di poter effettuare una diagnosi precoce 
  • un atteggiamento critico verso le istituzioni che non prestano un' adeguata attenzione al problema, anche se la maggioranza crede che sia alquanto semplice fare un test all'interno della sanità pubblica
  • solo poco più di un terzo crede, ma non lo sa per certo, ci sia un test da fare da soli (sicuramente sì/probabilmente sì)
  • meno del 20% ha sentito parlare dell'autotest a disposizione in farmacia
  • la gran parte non sa se sia necessaria o meno la ricetta per l'acquisto ma l'80% ritiene sia meglio la vendita libera

 Tuttavia nonostante la limitatezza delle informazioni rispetto a utilità e affidabilità

  • la quasi totalità ritiene si tratti di uno strumento utile in generale
  • la stragrande maggioranza sottolinea quanto sia importante per chi teme di aver contratto il virus poter ricorrere a questo strumento senza passare per la sanità pubblica
  • il fatto che si tratti di un test "fai da te" non sembra inficiarne la validità e il 70% lo ritiene attendibile
  • oltre l'80% ritiene che la libera vendita del test in farmacia rappresenti un passo avanti  per la salute pubblica e solo un segmento minoritario, pari al 9%, lo considera un pericolo motivato dal timore della scarsa affidabilità della diagnosi e della successiva cura.

In merito al target che potrebbe ricorrere al self test e all'informazione

  • la maggioranza indica quanti temono di aver contratto il virus e in seconda battuta le categorie vulnerabili, come tossicodipendenti, omosessuali, ecc
  • solo una quota esigua, pari al 5%, sostiene che soltanto i servizi sanitari possono assolvere in maniera adeguata il compito diagnostico
  • i medici di base, secondo oltre il 70%, dovrebbero arrogarsi il compito di informare tutti i loro pazienti dell'esistenza del  self test  e non solo quanti lo richiedono o le categorie vulnerabili

Considerato quindi il favore che il self test raccoglie sembrerebbe utile una campagna di informazione, condotta principalmente attraverso i medici di base, per mettere in evidenza:

      l'utilità del test
      l'affidabilità del self test
       l'opportunità di riservatezza offerta a chi teme di aver contratto il virus
       la libera vendita senza obbligo di ricetta
      quanto il test rappresenti un passo avanti per la salute pubblica


Nota
Negli anni '90 oltre il 20% delle persone nell'indicare le maggiori preoccupazioni mettevano ai primi posti droga, mafia e Aids. Nel corso degli anni la situazione è cambiata, sono subentrate e diventate prioritarie la disoccupazione, la crisi economica, prospettive per i giovani e il terrorismo.
Di Aids ormai non si parla più da tempo e nessuno lo mette oggi nella lista delle proprie apprensioni, tuttavia quando si parla di infezione da virus HIV riemerge in maniera subdola una paura che riguarda nella maggioranza dei casi qualcosa che non si conosce, che non ci tocca da vicino e che spesso appartiene agli altri.
 Emerge pertanto la necessità di non sottovalutare questa paura che alimenta antichi e sorpassati stereotipi e fare chiarezza e informazione su questo tema, le problematiche che ne derivano e gli strumenti utili a farvi fronte.


L'indagine quantitativa è stata condotta online con metodo CAWI (Computer Assisted Web Interview) all'interno di un campione nazionale di soggetti di età compresa tra i 18 ed i 60 anni.
 Il campione complessivo di 1000 residenti in Italia è rappresentativo dell'universo di riferimento e stratificato in base ai parametri di sesso, zona, ampiezza centro ed età.
 
L'indagine è stata condotta nel periodo dal 20 al 22 giugno 2017

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