Riconosciuta come malattia professionale la tecnopatia da mouse. Decorsi i termini per il ricorso in Cassazione con conseguente passaggio in giudicato della sentenza della Corte d'appello dell'Aquila che riconosce all'impiegato l'indennizzo Inail per la malattia professionale riportata a causa dell'uso ripetitivo della periferica collegata al personal computer della sua postazione. L'impiegato deve dunque ottenere dall'istituto previdenziale la prestazione di cui all'articolo 38 del decreto legislativo 38/2000 laddove la patologia lamentata per l'overuse del mouse mostra un'incidenza invalidante al 15 per cento. Il diritto in questione era già stato sancito dalla sentenza 990/12, del tribunale di Pescara.
Secondo la decisione si può ritenere connessa al servizio la patologia che ha colpito l'impiegato della banca costretto a smanettare tutti i giorni davanti al monitor del computer aziendale. E infatti la tecnopatia è una malattia professionale che può essere contratta anche a seguito dell'utilizzo di uno strumento in maniera lenta e protratta nel tempo. La CTU in primo grado ha stabilito che tale malattia è stata determinata da «fattori morbigeni» cui l'impiegato bancario è stato esposto nell'esercizio della sua abituale attività lavorativa.
Per Giovanni D'Agata, presidente e fondatore dello "Sportello dei Diritti", si tratta di una prima importante decisione in cui si riconosce la tecnopatia come malattia invalidante che scaturisce dall'uso massivo e ripetitivo di strumenti tecnologici. Insomma anche i moderni "Fantozzi" possono essere tutelati.
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Redazione del CorrieredelWeb.it
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