Farmaci & Parkinson
Non esistono trattamenti risolutivi ma terapie con efficacia sintomatica
Nelle Linee Guida sul Parkinson, Limpe e ISS affrontano gli aspetti farmacologici
Milano, 2 luglio 2013 – Tradizionalmente la terapia farmacologica nella malattia di Parkinson si avvale di due classi di farmaci: Levodopa e agonisti dopaminergici cui si affiancano poi sostanze in grado di inibire gli enzimi COMT e MAO-B responsabili della distribuzione di dopamina. "La terapia farmacologica dopaminergica appare efficace nel migliorare solo alcuni dei sintomi del Parkinson, perdendo efficacia con l'avanzare della condizione e mostrandosi scarsamente utile nel modificare i sintomi assiali come disturbi del linguaggio, rigidità, alterazione della postura, del cammino e della stabilità posturale" sostiene il Prof. Fabrizio Stocchi di LIMPE che con l'Istituto Superiore di Sanità ha promosso e pubblicato le Linee Guida sulla diagnosi e il trattamento della malattia. Limpe e Dismov-Sin insieme sono i promotori della campagna permanente di sensibilizzazione sul tema che culminerà nella V Giornata Nazionale Parkinson del prossimo 30 Novembre.
Il Parkinson è noto per essere una malattia neurodegenerativa causata dalla diminuzione di dopamina nella sostanza nera cerebrale. Lo squilibrio inibitorio che ne deriva è responsabile dei disturbi motori di chi ne è affetto. Vi sono poi sintomi non motori e non dopaminergici che si palesano nella progressione della patologia e che possono anche precedere l'esordio dei disturbi motori, determinando disabilità e influenzando negativamente la qualità di vita. Essi danno scarsa responsività alla terapia con L-dopa, precursore della dopamina, che agisce nel sistema nervoso centrale ripristinandone i livelli. "A oggi non esiste un trattamento risolutivo in grado di migliorare la degenerazione e arrestare la malattia" dichiara il Prof. Stocchi che aggiunge: "Le strategie terapeutiche adottate hanno efficacia sintomatica, mirata al controllo dei sintomi senza capacità di interferire, modificandolo, con il decorso della malattia". Una terapia prolungata con L-dopa può portare a una riduzione nella risposta al trattamento proprio per la natura cronico-degenerativa della patologia e la sua breve durata di azione può determinare fluttuazioni dello stato clinico che oscillano tra benessere psicofisico (fase ON) e malessere, con riduzione delle performances motorie (fasi OFF). Per ovviare a tali criticità la L-dopa viene somministrata in associazione a una molecola che riduce il metabolismo periferico e ne aumenta la disponibilità a livello centrale. Vi è poi una seconda classe di farmaci definiti agonisti dopaminergici che attivano i ricettori di dopamina in sua assenza e che vengono solitamente prescritti ai soggetti cui viene diagnosticata la malattia. Tali agonisti sembrano però associati a un maggiore rischio di valvulopatia, fibrosi pleuropolmonare e in alcuni casi comporterebbero un aumento di disturbi del controllo degli impulsi e della sonnolenza.
Di recente si sono studiate le relazioni e gli effetti di molti integratori alimentari come omega 3 e coenzima Q10 per identificare una loro possibile azione protettiva dei sintomi motori e non motori della malattia. Sono stati condotti trial clinici che hanno rilevato come il coenzima pur essendo sicuro e ben tollerato non è, però, utile al trattamento della malattia, mentre per quanto concerne gli acidi grassi essenziali sono necessari nuovi studi che indaghino una loro eventuale efficacia come terapia coadiuvante. In generale, precisa il Prof. Stocchi: "Le prove sugli interventi con integratori, composti vitaminici e antiossidanti non forniscono elementi tali da incoraggiare l'uso di questi prodotti nella terapia della fase iniziale o avanzata del Parkinson".
La malattia di Parkinson si presenta in prevalenza in soggetti al di sopra dei 60 anni e ciò rende particolarmente critica l'elaborazione di una terapia in grado di produrre risultati efficaci limitando gli effetti collaterali o le interazioni con altre patologie.
Dalle Linee Guida appare quindi urgente l'attivazione della ricerca attorno a tre poli principali:
· studi clinici sui trattamenti farmacologici per il controllo dei sintomi non motori
· caratterizzazione dei meccanismi di insorgenza dei disturbi del controllo degli impulsi in relazione alla personalità dei pazienti e all'uso concomitante di terapie farmacologiche
· ideazione di scale validate che tangano conto dell'ambiente specifico di vita del paziente in tutte le fasi della malattia
Sono le condizioni di ciascun paziente a dettare l'approccio farmacologico adottato dal medico, in relazione alla progressione della malattia. La valutazione clinica complessiva a opera del neurologo per la definizione dell'approccio farmacologico è legata alle condizioni del singolo soggetto e comprende non solo gli aspetti della disabilità ma anche le sue necessità, l'età, l'attività lavorativa e il contesto sociale in cui si muove, oltre allo stadio di progressione della patologia. Un monitoraggio attento e costante dei possibili eventi avversi associati all'uso di farmaci antiparkinsoniani è fondamentale per migliorare l'appropriatezza prescrittiva in una valutazione complessiva dei rischi-benefici.
La V edizione della Giornata Nazionale Parkinson sarà arricchita dall'importante patrimonio informativo fornito dalle Linee Guida che rappresentano un'occasione di consapevolezza per il pubblico e uno strumento di utilità pubblica tanto sul fronte dei pazienti quanto su quello degli addetti ai lavori.
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