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domenica 6 ottobre 2013

Cancro. Scandalo multinazionali produttrici chemioterapici

I vecchi farmaci che costano poco anche se in grado di contribuire a guarire certe malattie non li vendono più. Sono troppo economici mentre quelli biologici oncologici prodotti dalle multinazionali sono venduti a prezzi stratosferici

 

Da più parti nel campo medico specialistico dell'oncologia arrivano denunce sulla questione della carenza dei farmaci chemioterapici ed in particolare sul fatto che i vecchi farmaci non vengono più venduti nonostante la loro efficacia testata per far posto a medicinali sempre più nuovi e dai costi elevatissimi: nel mirino sempre le multinazionali farmaceutiche, in particolare quelle che producono gli oncologici biologici, ovviamente costosissimi, e che altrettanto ovviamente non avrebbero più interesse a commercializzare quelli vecchi perché ormai molto meno cari nonostante funzionino ancora. Per tali ragioni, Giovanni D'Agata, presidente dello "Sportello dei Diritti", si unisce al coro dei medici che hanno rotto il velo dell'ipocrisia e che invitano le istituzioni a redigere nuove regole per obbligarli a produrre comunque i farmaci in questione.

A conferma di quanto stiamo ribadendo come "Sportello dei Diritti", soggiungono le inchieste del capo corrispondente medico della CBS News, Jon LaPook, che per aver indagato attraverso i suoi articoli sull'impatto nei pazienti della carenza di farmaci oncologici a cui si sta assistendo non solo negli Usa ma anche nel Nostro Paese è stato appena insignito dell'Emmy award.

Tra i farmaci per i quali è stata denunciata la carenza o l'assenza in Italia si segnalano la carmustina fondamentale per il trapianto di midollo nei linfomi, il 5-fluorouracile usato nei tumori gastroenterici e del capo e collo, la bleomicinausata in certi linfomi e nel tumore del testicolo e la doxorubicina liposomiale utilizzata per il trattamento del carcinoma dell'ovaio e del mieloma.

Come emerso dalle inchieste di Jon LaPook, dal 2006 negli USA la carenza periodica di farmaci affligge pazienti e medici, non solo in oncologia, obbligando i medici a ritardare i trattamenti o a scegliere terapie alternative disponibili al momento o con farmaci sperimentali.

In merito alla questione, le case farmaceutiche hanno opposto varie cause tra cui i problemi connessi alla qualità della produzione, soprattutto dei farmaci in fiale, ma il sospetto è che effettivamente sia il basso costo e quindi i bassi profitti a spingere le multinazionali a interrompere le produzioni. Va detto che almeno negli Stati Uniti è stato da tempo introdotto l'obbligo per le industrie di comunicare la mancanza dei farmaci sei mesi prima ma, come correttamente affermato da più di un commentatore o dagli esperti del settore, questa previsione di legge è una vera e propria istigazione all'accaparramento dei farmaci da parte di certe piccole aziende che poi le rivenderanno a costi molto più elevati a quegli ospedali che ne avranno necessità.

Sul punto, poi è alquanto opportuno verificare che mentre in Italia non esistono statistiche del problema, negli Stati Uniti nel 2011 il 44% degli ospedali americani riferisce di 21 e più farmaci di vario tipo dei quali hanno evidenziato la carenza negli ultimi sei mesi con un ulteriore 13% di nosocomi che ha avuto da 16 a 20 farmaci carenti ed un altro 19% da 11 a 15 farmaci carenti.

Alla luce di tale grave problema, lo "Sportello dei Diritti", ribadisce di far proprio ciò che è stato proposto da alcuni specialisti del settore per risolvere questo che è un vero e proprio scandalo, ossia che occorre un intervento urgente del Ministero della Salute e dell'Aifa (Agenzia Italiana per il Farmaco) affinché previa convocazione delle aziende farmaceutiche e delle associazioni degli oncologi medici italiani vengano predisposti tutti gli strumenti utili per impedire l'interruzione della produzione dei farmaci più vecchi ma ancora validi per far posto a nuovi e più costosi.

Tra le possibili misure che sono state intelligentemente proposte vi potrebbe essere quella di non approvare più i nuovi farmaci, in particolare quelli biologici oncologici prodotti dalle multinazionali e venduti a prezzi stratosferici quando queste e le loro filiali o concessionarie non producessero più quei farmaci oncologici tradizionali, i cosiddetti chemioterapici vecchi che costano molto meno ma dei quali si sente la mancanza perché in grado di contribuire a guarire certe malattie, come le leucemie acute, i linfomi, i tumori dei testicolo fra gli altri.

Inoltre, si potrebbe pensare alla creazione di un magazzino/banca centrale dipendente dal Ministero della Salute che conservi come scorta quei farmaci che possono venire a mancare negli ospedali italiani, che costano molto poco ma che sono essenziali non solo in oncologia ma anche in altre branche della medicina.


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