Roma, 23 Settembre 2014. L'uso di piante medicinali e di prodotti a base di esse, e' sempre piu' diffuso in Italia. Tali prodotti sono generalmente assunti per automedicazione, spesso nell'errata convinzione che l'origine naturale sia garanzia di sicurezza. Al contrario, l'uso di prodotti erboristici può essere fonte di effetti avversi dovuti alla qualita' delle materie impiegate, al loro uso in concomitanza di farmaci di sintesi o all'assunzione in particolari stati fisiologici quali la gravidanza e l'allattamento. Anche quando tali prodotti vengono utilizzati con le modalita' più opportune, possono comunque verificarsi una serie di reazioni non desiderate, in relazione alla qualita' del prodotto utilizzato (residui di fitofarmaci, metalli pesanti, purezza degli estratti, variabilita' dei principi attivi, ecc.). Insomma, che un prodotto sia "naturale", cioe' derivato da un vegetale, non e' detto che faccia bene.
Tanto per fare un esempio la cicuta e' una pianta ma gli effetti tossici sono cosi rilevanti che puo' portare alla morte. Numerosi pazienti si rivolgono alle terapie naturali perche' intolleranti o allergici a farmaci, ma proprio alcune piante, o i loro principi attivi, possono provocare delle reazioni allergiche. E' il caso della "innocua" camomilla, usata in piu' preparati, dagli infusi, ai colliri, dai colluttori alle creme che, pero', puo' avere effetti allergizzanti. Lo stesso dicasi della Echinacea, usata per il trattamento dei raffreddori e stati influenzali e del Tanacetum, usato nella cura dell'emicrania.
In conclusione, le piante medicinali vanno considerate alla stregua di prodotti farmacologici, la cui assunzione va fatta dietro consiglio medico o con una attenta valutazione del loro uso e degli effetti collaterali.
Primo Mastrantoni, segretario Aduc
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