Obiettivo colpire solo quelle che attaccano sistema nervoso
(Dell'inviata Emanuela Correra) 'Addomesticare' le cellule 'cattive' del sistema immunitario responsabili dell'attacco al sistema nervoso centrale nelle malattie autoimmuni, convincendole a deporre le armi. E questo l'innovativo approccio con il quale si stanno cimentando vari gruppi di ricerca con l'obiettivo di arrivare alla messa a punto di nuove terapie per il trattamento della sclerosi multipla (sm). Un ambito di ricerca che è ancora agli inizi, afferma il direttore dell'Istituto di neurologia sperimentale dell'ospedale San Raffaele di Milano, Giancarlo Comi, ma che "si sta rivelando molto promettente". Si tratta di una linea di ricerca dalle grandi potenzialità, tanto da essere stata al centro di vari appuntamenti come tema di confronto in occasione del Congresso mondiale sulla sm in corso a Boston. Due gli studi sul tema presentati al congresso.
Il principio, spiega Comi, è quello di "cercare di disinnescare l'aggressione al sistema nervoso, alla base del meccanismo di sviluppo della sm. La novità è che si punta ad intervenire solo su quelle cellule del sistema immunitario, i linfociti th17, direttamente responsabili degli attacchi al sistema nervoso, senza colpire anche gli altri linfociti". L'idea, dunque, è proprio quella di 'addomesticare' tali cellule 'ribelli' perché imparino a riconoscere le parti del sistema nervoso che sono il loro bersaglio, spingendole appunto a non attaccarlo più. Il meccanismo di azione è simile a quello utilizzato per il vaccino contro le allergie. E' ancora un approccio di ricerca "molto esplorativo - rileva Comi - e poco considerato dalle aziende, ma sicuramente questa è una strada su cui puntare".
Le prime dimostrazioni di ciò arrivano dai due studi presentati al congresso di Boston: il primo, spiega l'esperto, è "uno studio preliminare sull'uomo condotto da un gruppo di ricerca polacco che ha messo a punto dei cerotti cutanei contenenti particolari proteine le quali esercitano proprio questa azione di 'addomesticare' le cellule immunitarie. Il secondo studio è di un gruppo dell'Università di Zurigo che ha testato particolari sostanze peptidi con un analogo meccanismo di azione da iniettare con iniezioni e che sembrano in grado di produrre una risposta". Questi trattamenti sono stati effettuati su persone già affette da sm. Il fine, conclude Comi, "è arrivare ad una terapia per combattere questa patologia grave esplorando vari possibili approcci. Questo, anche se ancora all'inizio, è estremamente interessante".
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